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La legge del gennaio di due anni or sono, riguardante la definizione dei reduci di Salò quali "militari belligeranti", forse condizionata dalla vastissima e ingannevole memorialistica repubblichina, riaccese la discussione intorno alla vera natura dell'ultimo fascismo. Come osserva Enzo Collotti in queste pagine, essa non verteva tuttavia sul suo aspetto più rilevante: la sostanziale "novità" della Rsi. Un vuoto che il convegno di Fermo del marzo 2005, i cui atti oggi Carocci pubblica, ebbe in parte a colmare sul piano storiografico. Il pregio fondamentale della ricca raccolta, più che nelle analisi della memorialistica o delle fonti, condotte in modo decisamente sintetico, va peraltro ricercato nell'accurata attenzione rivolta al fascismo periferico. "Periferico" sia in senso puramente territoriale (Sergio Bugiardini e Brunello Mantelli esaminano il fascismo repubblicano nelle Marche, Amedeo Osti Guerrazzi quello gravitante a Roma e dintorni; si guarda poi a Firenze e al litorale adriatico, con esiti di estremo interesse), sia in senso lato (Maura Firmani prende in considerazione la figura di Carla Costa, agente al servizio della Wehrmacht; Massimo Papini quella di Serafino Mazzolini, fedelissimo del duce). Nella parte finale viene opportunamente analizzata la mancata epurazione nella magistratura e nella polizia, sottolineandone i presupposti e le ricadute a breve termine. Sulla lunga durata, non v'è dubbio che questo orientamento abbia favorito la tendenza autoassolutoria di molti italiani, e in particolare dei cosiddetti "nostalgici", nei confronti del periodo più buio della recente storia nazionale.
Daniele Rocca
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