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Descrizione


Quanto guadagnavano gli artisti che vivevano in Italia tra Cinque e Settecento? Sopravvivevano a stento o avevano un profitto tale da accumulare denaro? Quali erano le strategie che mettevano in atto per accaparrarsi importanti commissioni? Che spese dovevano sostenere per mantenere le proprie botteghe? Il libro indaga su questi temi, prendendo in considerazione singoli casi, eccezionali come quello di Michelangelo e di Guido Reni, e altri di carattere più sistematico come la situazione a Milano e a Firenze nel corso del Seicento, profondamente diversa per ragioni istituzionali e politiche, ma simile nelle modalità con cui gli artisti si misuravano col mercato. Gli artisti presi in considerazione sono pittori, scultori, architetti, musicisti, persone cioè che producevano un reddito, consumavano e acquistavano; donne e uomini che mettevano in atto strategie diplomatiche per ottenere commissioni importanti, oppure sfruttavano le potenzialità del mercato per piazzare i propri prodotti.
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Dettagli

2008
16 ottobre 2008
215 p., ill. , Brossura
9788843047383
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Indice

Presentazione di Marcello Fantoni
Introduzione di Raffaella Morselli
1. Artisti di corte? Riflessioni sugli inquadramenti professionali degli “artefici estensi" tra Quattro e Seicento di Guido Guerzoni
Premessa/La corte e le corti/Le forme di reclutamento, gli stati giuridici, i trattamenti economici/Strategie di assunzione, carriere e provenienze
2. Artisti e architetti nella Milano del Seicento: carriere e guadagni di Andrea Spiriti
Pittori nella Milano “borromaica"/Giovanni Battista Barberini: guadagni di uno scultore in stucco/I conti minuziosi di Giorgio Bonola/Ipotesi di conclusione
3. "Io Guido Reni Bologna". Profitti e sperperi nella carriera di un pittore "un poco straordinario" di Raffaella Morselli
Premessa/Il censo e le proprietà/Nella casa, tra le sue cose/I sostenitori bolognesi/Valori dei beni di consumo/"Con tutto che le pitture di quest'huomo si paghino tesori a garra". La progressione dei pagamenti/La gloria all'ombra di Felsina/La "riputazione" e la "necessità"
4. Prime indagini sui rapporti economici tra pittori e corte medicea nel Seicento di Elena Fumagalli
Pittori salariati/Dipingere a Palazzo Pitti/Appendice documentaria
5. Note e monete. Strategie economiche di musicisti nella prima Età moderna di Paola Besutti
Premessa/Verso un mercato musicale: opera e musica strumentale/Variazioni sul tema della dipendenza: le occasioni di Roma/Lo status dei musici mercenari/Gli ingaggi e la committenza/Le dediche/La didattica/Le donne/La schiavitù del mercato e la libertà della dipendenza/Vivere con la musica ma non di musica: beni immobili e collezionismo
6. Le finanze e la carriera di Michelangelo di Rab Hatfield

Voce della critica

Quanto guadagnavano gli artisti in Italia fra Cinquecento e Seicento? Che cosa significava, contrattualmente, essere un pittore di corte a Ferrara negli anni settanta del Quattrocento o presso i Medici in pieno Seicento? Quali dinamiche determinavano i diversi compensi all'interno del sistema cortese, nel rapporto diretto con il committente o nel più complesso mercato dell'arte? Come verificare, utilizzando gli indicatori economici, la carriera di un artista come Guido Reni o come il Morazzone, le sue fasi di ascesa e di declino? E, soprattutto, in che modo e a quali condizioni rispondere correttamente a tali domande consente allo storico dell'arte di affinare la propria conoscenza di una singola opera o di interi processi produttivi, frutto di pratiche artistiche e di un incontro fra domanda e offerta, basata su fattori solo di rado precisabili con certezza, a fronte di una più generale storia economica segnata da flussi di crescita e da crisi?
Intorno a questi interrogativi, e a numerosi altri a essi collegati o da essi sollecitati, si articola il prezioso volume a cura di Raffaella Morselli (collana "Annali del Dipartimento di Scienze della comunicazione dell'Università di Teramo"), che raccoglie un'introduzione di Marcello Fantoni e i contributi di Guido Guerzoni, Andrea Spiriti, Elena Fumagalli, Paola Besutti, Rob Hatfield e della stessa Morselli, studiosi da tempo al lavoro su campi d'intersezione tra la storia sociale dell'arte e la storia economica.
Il filo conduttore di questa raccolta di saggi, e suo principale punto di forza, anche rispetto alla più recente storiografia sul mercato dell'arte, risiede nello sforzo, ampiamente condiviso dagli autori, di fare chiarezza e di proporre basi solide, ma di volta in volta adatte al contesto intorno al quale ci si interroga, a proposito delle modalità con cui la storia dell'arte può utilizzare i dati economici sul lavoro dell'artista, non esclusivamente quelli messi a disposizione dalle fonti "contabili", già di frequente incluse senza elementi di contesto e di esegesi nelle ricerche monografiche su artisti o cantieri, ma anche quelle recuperate all'interno dello spettro più ampio della letteratura artistica e delle testimonianze della storia del collezionismo.
Procedendo in tale direzione, anche ciò che, almeno a prima vista, potrebbe apparire un difetto del libro, ossia la varietà delle metodologie di indagine utilizzate, nonché di fonti e di contesti indagati (che vira dall'analisi di fenomeni macroscopici, quali la domanda di servizi e beni artistici-suntuari all'interno delle corti rinascimentali, fino al sondaggio monografico su artisti e cantieri), diventa il suo pregio più grande. Allo storico dell'arte, come allo storico dell'economia specialista di consumi culturali, è così offerta una casistica complessa e articolata, capace di collegare le cifre dei compensi, cioè i dati misurabili del lavoro dell'artista, alle pratiche e ai processi del lavoro intellettuale, difficilmente valutabili e interpretabili attraverso l'esclusivo strumento della statistica.
Giovanna Capitelli

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