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Anno edizione: 2015
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Non mi stancherò di leggere e apprezzare questa magnifica autrice, destinata, essendo un'autrice di lingua italiana per di più ormai defunta, a cadere nell'oblio anche presso i suoi stessi connazionali. La lievità e l'impegno, la frivolezza (apparente) e la profondità, una capacità, dettata dal talento cristallino, di tracciare con nettezza e semplicità il carattere dei personaggi. Il lettore stesso è chiamato a provare nostalgia per i luoghi che non ha frequentato, i paesi, gli uomini e le donne che non ha conosciuto. Leggere i romanzi della Ginzburg è come visitare una vecchia casa di campagna caduta in rovina immaginandone i giorni migliori, quando donne, bambini e uomini ne calpestavano i vecchi pavimenti, ridendo, litigando, soffrendo, insomma: vivendo. Ecco, la nostalgia sembra essere il filo rosso che unisce l'opera di Natalia. Un personaggio su tutti, nella parte finale del racconto: Tommasino, nel quale l'autrice profonde tutta la sua sensibilità. Da brivido le righe in cui spiega ad Elsa come il fidanzamento con lei ne abbia in qualche modo ucciso i pensieri, costringendolo a sotterrarli, preparandosi ad una vita in cui tutto è previsto, programmato, inevitabile. Un voto in meno per qualche intrico di avvenimenti un po' troppo divertito e insistito (una donna chiama il medico perchè il maritto è malato, il marito muore, la donna sposa il medico, etc..). E anche qualche soprannome di troppo...
Ho letto il libro per la prima volta molti anni fa'. La storia è ben raccontata, in pieno stile Ginzburg. Scorrevole e profondo al tempo stesso. E' bellissima una frase che allora imparai a memoria: "E quando si vedono le cose future con tanta chiarezza, come già stessero succedendo, allora è segno che non devono succedere mai. Perchè son già successe, in un certo senso, nella nostra testa, e non è più consentito di provarle davvero." Consigliatissimo.
Recensioni
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