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La caratteristica evolutiva dei sistemi di welfare state in Europa occidentale sembra percorrere la strada di modificazioni incrementali. Anche di fronte a scadenze indilazionabili, quali quelle poste dalla necessità di rientrare nei parametri fissati dagli accordi di Maastricht, gli interventi dei governi sembrano improntati a un "riformismo debole" suggerito dall'esigenza di non perdere consenso sul piano politico. I governi si muovono dunque con grande cautela per il timore di essere penalizzati da parte delle categorie protette - che costituiscono tuttora una componente importante del corpo elettorale - le quali, sugli attuali sistemi di protezione sociale, avevano costruito le proprie aspettative. Un ruolo di primo piano giocano, in queste vicende, le organizzazioni sindacali rappresentative prevalentemente di queste categorie, anche se la loro rappresentatività, negli ultimi dieci anni, è in costante flessione.Trova spiegazione, alla luce di questi fatti, la trattativa tra i sindacati e il governo Prodi, i cui esiti appaiono assai lontani dai suggerimenti della Commissione Onofri investita dal presidente del Consiglio del compito di offrire indicazioni per la riformulazione dell'impianto di protezione sociale per adeguarlo non solo alle esigenze di sostenibilità finanziaria, ma anche a quelle di corrispondenza alla nuova domanda sociale. Sembra prendere le distanze da queste forme di cauto riformismo il leader laburista Tony Blair per il quale la riforma del welfare comporta - come ha spiegato al recente congresso di Brighton e come conferma il budget presentato il 17 marzo dal cancelliere dello Scacchiere, Gordon Brown - il trasferimento di risorse dall'assistenza sociale alla scuola e alla sanità, incoraggiando il lavoro e non la dipendenza, incentivando politiche attive per la promozione di nuove opportunità di lavoro, riducendo lo spazio delle politiche passive di sostegno del reddito.Queste due strade intraprese da governi socialisti o di centro-sinistra in Europa, pur con i loro limiti, pongono in evidenza come, con il passaggio alla società post-industriale, si sia rotto l'"incanto" del welfare che consisteva in una sorta di ideologia del progresso che autorizzava a credere nella possibilità di continuare a godere di un bene a prescindere dal costo crescente che esso rappresentava per la collettività e della scala delle disuguaglianze che esso comportava.
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