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E' un libro molto valido, che racconta delle sue opere attraverso la sua vita. Da non perdere per i suoi fans. Rimane comunque un buon libro scritto molto bene lo consiglio anche a chi non è proprio un suo fan ma che ha voglia di leggere una bella storia.
Recensioni
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"Vorrei scrivere una canzone per Roberto Benigni, mi ha fatto conoscere Siena", così si esprime Tom Waits, cantautore americano di culto; gli anni passano, ha casa e famiglia, eppure continua a sentirsi un outsider. Sarà perché ha un passato lacunoso, frastagliato, un mondo notturno, sotterraneo, di qualche disagio, quello che comunica questo personaggio fuori dalla righe. Bravissimo a tratteggiare la storia della musica americana, delle ballate sbilenche, a base di alcool, fumo e ritmi di vita smodati, è sempre riuscito a colpire alle viscere chi ascolta. Il suo proverbiale mix di minimalismo e canti scarni, atmosfere musicali che sembrano strappate all'inferno e miniature modellate sulla raucedine di quel suo vocione da orco possiedono ancora quel che di canagliesco che affascina.
La sua musica è una miscela straordinaria di riferimenti colti, di echi di strada e di bar. Estraneo ai grandi circuiti commerciali, anche se incide dischi da oltre trent'anni - il debutto avvenne nel 1973 con Closing time - il suo sound rauco e affascinante evoca il rovescio del "sogno americano" di Bruce Springsteen. Californiano di Pomona, cinquantasei anni, Tom Waits, il bevitore santo del blues, è considerato il più spericolato genio e sregolatezza del rock, tutto bourbon e trasgressione, anche se ormai da anni è tranquillamente sposato, si considera un bravo papà e addirittura un ottimo cuoco. Cantautore, formidabile menestrello sui generis, Waits celebra nelle sue canzoni il mondo degli hobos, ben descritti dai poeti della Beat Generation, ma anche l'universo degli emarginati e dei freaks, lui che tossicomane e alcolista è stato per davvero.
Corredata da una discografia completa, dalla filmografia e da più di trenta foto del musicista ritratto sul palco e nella quotidianità, arriva ora una esaustiva biografia scritta da Jay S. Jacobs, un giornalista di Philadelphia che ha avuto l'accortezza di rispettare una narrazione "waitsiana". Una vicenda al limite del credibile la sua, eppur affascinante, da grande personaggio picaresco qual è, istrione degli avvinazzati e dei perdenti, ultimo beatnik seguace di Kerouac e di Bukowski, purtroppo mai troppo popolare in Italia, anche se non sono mancati gli imitatori, a cominciare da Vinicio Capossela, che qui firma l'introduzione. Nel racconto di Jacobs c'è tutta la vicenda di Waits, tutto sommato un ritratto fedele, in cui non traspare nessuna intenzione di sgualcire il mito, sfatandolo o smontandolo pezzo per pezzo. L'intenzione dell'autore è un'altra, fondamentalmente quella di comporre un mosaico di uno dei più incredibili rappresentanti dell'"altra" cultura americana, diventato da tempo anche l'idolo di raffinati e inquieti uomini di cinema. Non mancano le pagine memorabili e i racconti inediti, per esempio quelli riguardanti il Waits giovane alle prese con Papa's got a brand new bag di James Brown o nelle vesti di produttore per riabilitare la tossica Marianne Faithfull. Imperdibili.
Leggendo questo libro si capisce anche qual è stato il merito maggiore di quest'artista: saper aspettare. Dopo anni e anni di sballi colossali, vagabondaggi notturni tra i motel e i night club californiani, flirt disperati tra esseri disperati - come quello molto intenso con la collega Rickie Lee Jones - dischi belli per un pubblico riservato, oggi Waits sembra attraversare uno stato di grazia. Meritato.
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