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Prima edizione. Collana "Fabula", 12 - Brossura editoriale con bandelle, 109 pagine. Una firma in margine alla pagina di occhietto, peraltro ottima copia -- 8 novembre 1913: la contessa Maria Tiepolo, moglie del capitano Carlo Ferruccio Oggioni, uccide l'attendente del marito, il bersagliere Quintilio Polimanti. Per qualche giorno l'Italia si distoglie da altri pensieri per concentrarsi sulla contessa, che i giornali definiscono subito «bellissima», mentre descrivono il Polimanti come «bel giovane, alto, capelli biondi e ricciuti». Poi la vicenda scompare, perché incalzano altre novità: il tango che arriva da Parigi, il furto della Gioconda. Ma, quando si apre il processo, la curiosità generale è di nuovo fortissima. Ora si tratta di decidere: che cosa motivò quel colpo di pistola? La difesa dell'onore? O si può insinuare il sospetto di una passione? «Nell'aula della Corte d'Assise d'Oneglia vapora e aleggia L'amante di Lady Chatterley di Lawrence». Ma l'assurdità del processo vuole che alla passione si alluda solo come a qualcosa di improbabile e funesto, così come – in coerenza con lo stile di una certa Italia tronfia e trita di quegli anni – il magistrato per nominare le donne parla di «sesso gentile». Più di mille lettere anonime giunsero in tribunale durante i giorni del processo. Evidentemente quella storia toccava un groppo di pathos, terrore e sogno. Sciascia avvia questo libro come una «divagante passeggiata nel tempo», nell'Italia del «1912 + 1» (come scrisse una volta D'Annunzio per esorcizzare il fatidico tredici), ma poi si abbandona a scavare con affilato scalpello nelle testimonianze spesso vacue ed esilaranti del processo. Perseguendo due poetiche apparentemente inconciliabili, quella della digressione e quella della concisione, egli riesce a gettare la massima luce su un oggetto proprio quando sembra parlare d'altro: evoca un clima storico sprofondando nei dettagli del processo Tiepolo e illumina il processo Tiepolo vagando fra D'Annunzio e i futuristi, il patto Gentiloni e la guerriglia in Libia, Pirandello e Huxley. Profondo conoscitore di quell'Italia dove ogni pasticcio tende a presentarsi come un limpido accordo, così come nel caso Tiepolo un omicidio passionale tendeva a presentarsi come difesa della decenza, Sciascia ha voluto scrivere la cronaca di un processo pieno di pompose incongruenze: non giudicando, ma lasciando lievitare i fatti per leggerne la filigrana, che si rivela alla fine nettissima e oscura.
.<p>Prima edizione. Collana "Fabula", 12 - Brossura editoriale con bandelle, 109 pagine. Una firma in margine alla pagina di occhietto, peraltro ottima copia -- 8 novembre 1913: la contessa Maria Tiepolo, moglie del capitano Carlo Ferruccio Oggioni, uccide l'attendente del marito, il bersagliere Quintilio Polimanti. Per qualche giorno l'Italia si distoglie da altri pensieri per concentrarsi sulla contessa, che i giornali definiscono subito &laquo;bellissima&raquo;, mentre descrivono il Polimanti come &laquo;bel giovane, alto, capelli biondi e ricciuti&raquo;. Poi la vicenda scompare, perch&eacute; incalzano altre novit&agrave;: il tango che arriva da Parigi, il furto della Gioconda. Ma, quando si apre il processo, la curiosit&agrave; generale &egrave; di nuovo fortissima. Ora si tratta di decidere: che cosa motiv&ograve; quel colpo di pistola? La difesa dell'onore? O si pu&ograve; insinuare il sospetto di una passione? &laquo;Nell'aula della Corte d'Assise d'Oneglia vapora e aleggia L'amante di Lady Chatterley di Lawrence&raquo;. Ma l'assurdit&agrave; del processo vuole che alla passione si alluda solo come a qualcosa di improbabile e funesto, cos&igrave; come &ndash; in coerenza con lo stile di una certa Italia tronfia e trita di quegli anni &ndash; il magistrato per nominare le donne parla di &laquo;sesso gentile&raquo;. Pi&ugrave; di mille lettere anonime giunsero in tribunale durante i giorni del processo. Evidentemente quella storia toccava un groppo di pathos, terrore e sogno. Sciascia avvia questo libro come una &laquo;divagante passeggiata nel tempo&raquo;, nell'Italia del &laquo;1912 + 1&raquo; (come scrisse una volta D'Annunzio per esorcizzare il fatidico tredici), ma poi si abbandona a scavare con affilato scalpello nelle testimonianze spesso vacue ed esilaranti del processo. Perseguendo due poetiche apparentemente inconciliabili, quella della digressione e qu
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