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Si devono oltrepassare i paradigmi economici, in particolare dell’efficienza che spesso è il pretesto - nella logica e retorica dell’approccio microeconomico alle questioni ambientali - di scelte ideologiche (che hanno un ruolo organizzativo). Donde gli economisti come “lobbisti dell’efficienza”. Dove sono allora le questioni di equità? E i valori? Sintomatica è l’analisi costi/benefici nella sua massimizzazione e misurabilità monetaria. La politica ambientale tra prezzi, tasse e standard si riduce a tecnica, non anche a problema filosofico. Nel risultato di un fallimento o mancanza di un mercato laddove si presuppone che i prezzi lasciano agli inquinatori la scelta tra quanto inquinare e quanto pagare. Gli standard impongono invece solo un determinato comportamento. Ma l’equità e la qualità ambientale? Le motivazioni e la giustizia? L’utilità e l’efficienza impersonale degli economisti non sono neutrali e influenzano le preferenze, omettendo i motivi della interazione quotidiana diversa dalle a-sentimentali relazioni di mercato: l’altruismo più che il particolarismo, motivi che non sono integrabili in un sistema di prezzi (p.67). I prezzi sull’inquinamento e gli standard sono frutto di un processo burocratico, in un passaggio dove non mancano i costi strategici: la politica non può non rimettersi nell’analisi pubblica e deve strategicamente governare questi aspetti e le questioni ambientali. Per gli economisti i costi effettivi “si applicano al raggiungimento di un dato obiettivo a costi minori”, tralasciando l’analisi costi/benefici, nonché “svalutando i valori imputabili alle cose a cui non si può dare un prezzo”(p.168). La domanda finale è “sul genere di società vogliamo creare”.
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