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Molto piacevole da leggere e anche interessante per la figura di Tennesse Williams che viene fuori dalle parole con molta vivacità.
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"Spesso mi chiedo come sarebbe stata la mia esperienza americana se non avessi conosciuto Tennessee Williams. Mio mentore amico padre fratello". Estate 1972: tra New Orleans e la New York della Factory un giovane italiano compie il suo viaggio di formazione negli Stati Uniti e più o meno casualmente ha modo di incontrare e di confrontarsi con Williams. Materiale invidiabile certo: la forza – almeno potenziale – del libro sta tutta qui. Ma il ritratto del celebre autore che scaturisce dalla penna di Freddy Longo dal punto di vista di un lettore che conosce Williams per i testi che ha scritto non va oltre una posa di maniera: le rivelazioni sul proprio operato di scrittore nonché quelle sui personaggi dello star system non rivelano fatti eclatanti; i peccati sessuali di Truman Capote e di Marlon Brando sono cosa nota; forse la fotografia più vera di Williams che ci consegna l'autore è legata al disgusto che prova a osservarlo di fronte al cibo: "Per come con un dito si stava togliendo i pezzetti di pesce rimasti imprigionati tra i denti". Per il resto tutto è restituito come se un fotografo fosse lì pronto per immortalare la scena e pubblicarla su una rivista glamour – anche il titolo del romanzo richiamando Capote entra in questa logica. Così sul piano del vissuto personale il confronto tra i due dovrebbe raggiungere il livello massimo di pathos quando prima l'io narrante e in un secondo tempo Williams entrambi si raccontano i drammi relativi alle malattie delle sorelle: ma anche questi eventi perdono rilievo in tanto bavardage mondano. L'esperienza dell'io narrante non si apre alla condivisione: rimane imbrigliata nelle maglie dell'autoreferenzialità; quel misto di "vita e trasgressione morte e mistero anima e follia" segno distintivo dei personaggi di Williams non arriva a sfiorarlo. Inoltre rispetto al nostro tempo reale sarebbe auspicabile un aggiornamento dell'American dream: sempre che abbia ancora ragion d'essere.
Francesco Pettinari
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