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Tra i fondi della Staatsbibliothek di Monaco è conservato il lascito di Spengler, il celebre e controverso autore del Tramonto dell’Occidente. Pochi, anche in Germania, erano andati a frugare tra le sue carte. Ma una volta sottratte alla polvere, esse emanano la stessa aura che aleggia intorno a tutto il personaggio e al caso che egli ha rappresentato nella cultura del Novecento. Particolarmente rivelatori gli appunti autobiografici stesi e riuniti con il titolo A me stesso tra il 1911 e il 1919 – dunque negli anni della concezione del Tramonto: inediti anche in tedesco, vengono qui presentati per la prima volta. La progettata autobiografia, a cui Spengler, l’«eremita di Schwabing», pensava di dare l’eloquente titolo Solitudine o Vita del ripudiato, ci prospetta una immagine del pensatore assolutamente nuova e, per molti aspetti, sconvolgente. Rispetto alla personalità che traspare dalle pagine sinora note, ricaviamo da questa «autobiografia segreta» i tratti caratteriali di una figura di segno opposto. Là il tipo del destino, l’uomo d’acciaio, «dall’animo forte e del tutto ametafisico», che vede quale suo modello il Romano senz’anima, l’uomo d’azione che disprezza il Graeculus histrio artista e filosofo. Qui una personalità melanconica, incline al tedio della vita e alla fantasticheria, che recide ogni legame con la realtà e si corazza entro il proprio io, dal quale può guardare il mondo solo attraverso le feritoie degli occhi. Un documento, dunque, che costringerà a reinterpretare tutta la figura di Spengler.
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Dai bellissimi frammenti autobiografici (e inediti) raccolti in questo volumetto, emerge una figura di Spengler diversa, anzi opposta, rispetto a quella che si evince dai suoi libri. Spengler aveva un’anima sensibile, dedita al sogno ed alla fantasticheria; era un pavido, un insicuro; vagheggiava mondi fantastici in cui vivere e da contrapporre all’orrore del mondo reale, voleva essere un artista, un poeta, un pittore. Nulla in comune dunque con le figure “romane e prussiane” delineate nei suoi libri, nessuna traccia della svalutazione della contemplazione nei confronti dell’azione e dell’accettazione di un destino tragico, quello della modernità, modellato sulla figura del famoso soldato pompeiano. Questi frammenti autobiografici non solo ci permettono di conoscere il vero Spengler, ma ci forniscono anche una prospettiva diversa da cui valutare le sue opere maggiori. Non si comprende la sua visione del mondo se non si riconosce che, in essa, vi è tanto più di “voluto” e di “immaginato”, quanto di vissuto e pensato; ossia, la costruzione del Tramondo dell’Occidente, va letta sia come una analisi del mondo moderno, dunque come una filosofia, che come una aspirazione, una costruzione fantastica, quindi un’opera d’arte, una visione poetica della storia.
Un libro che fa riflettere ed allo stesso tempo intimo e commovente di uno dei più grandi filosofi e pensatori della rivoluzione conservatrice tedesca!
In questo libro del filosofo tedesco Spengler si rintracciano i temi cari a quella tradizione conosciuta con il nome di rivoluzione conservatrice ovvero l'esigenza di uno stato forte,il valore orientativo del passato, la critica feroce all'egualitarismo,alla retorica democratica e al progressismo ed infine l'essenzialità della dimensione trascendente.In particolare quello che impedisce di qualificare l' autore come un reazionario è il riconoscimento dell' impossibilità di riproporre i fondamenti basati sull'autorità delle architetture politiche e sociali.Il presente testo è il tentativo, a mio avviso riuscito, di elaborare fondamenta razionali per avvalorare la riproposizione del passato come orientamento per il futuro.
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