Acqualadrone è il riscatto editoriale di Eugenio Vitarelli, autore siciliano dal difficile passato, prima applaudito e poi dimenticato, i cui racconti di mare si aprono a nuova vita nell'ambizioso progetto dell'editore Mesogea. La mente è a Verga, il cuore è a D'Arrigo, e mosso da autentico sentimento Vitarelli canta la sua terra, declinandola nei sette brani che compongono il testo, e regalando ai lettori la sua personale dichiarazione d'amore. I brani non sono episodi a sé stanti, ma costituiscono un unicum armonioso in cui ogni racconto è implemento o prosecuzione del precedente, formando così una sinfonia in più movimenti le cui note sono i personaggi e la cui chiave di violino è il mare. Il mare è presenza fisica costante e ingombrante nelle vicende, forza motrice e fil rouge della narrazione, idealizzato dagli abitanti del villaggio e quasi mitizzato dai pescatori che sulle sue acque hanno costruito la propria esistenza. Le acque di Acqualadrone sono quelle combinate dello Jonio e del Tirreno, celebri dimore di corsari e banditi, che per lungo tempo hanno fornito cibo e sopravvivenza ai popoli della costa ma che risentono ora di un progresso foriero di disinteresse e distacco. La Sicilia di Vitarelli è realtà di transizione tra il vecchio e il nuovo mondo, l'uno ancorato alla vita di mare e l'altro a quella di terra, e assiste impotente al venir meno di antichi valori e tradizioni ritenute sorpassate. Il passaggio generazionale si traduce così in una perdita identitaria, che trova metaforica espressione nel differente approccio al mare manifestato dai personaggi, sgomenti e intimoriti dalla sua potenza (i giovani), devoti ma spavaldi nell'affrontarlo (i vecchi). Tra tutti i vecchi spicca Cosmo, il più anziano e il più saggio del villaggio, a cui Vitarelli dà parola nel primo libro e a cui la concede anche in chiusa di narrazione, a conclusione di un ciclo che non può più rigenerarsi. L'io narrante è persona di età indefinita, che non dispensa giudizi personali ma riporta fedelmente gli episodi per come accadono, spettatore più che attore delle vicende presentate. La sua è però una voce limpida, avvincente nel raccontare e precisa nel descrivere, e alterna un lessico ricercato a espressioni dialettali che rendono ancora più reale la narrazione. Laura Savarino
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