Mai finora tradotto e commentato in Italia, l’Act of Union anglo-scozzese del 1707 è il documento costituzionale che rivela su quali concrete basi sia fondato quel dualismo di ordinamenti politici, di istituzioni di governo e di orientamenti politici, intellettuali e religiosi che fin dall’immediato indomani della “Gloriosa Rivoluzione” ha caratterizzato il Regno Unito di Gran Bretagna. Si può anzi dire che la Gran Bretagna sia nata come grande aggregato statuale proprio in virtù dell’Unione dei due parlamenti d’Inghilterra e di Scozia. In tal modo, avendo posto in piena evidenza la centralità della questione parlamentare nella costruzione del nuovo Stato, si rendeva definitiva l’egemonia delle istituzioni inglesi sull’intera area delle Isole britanniche e nel contempo si delineavano i caratteri di una “unione senza uniformità” basata sul riconoscimento delle istituzioni scozzesi pre-unitarie. Queste istituzioni hanno conservato la loro vitalità fino a rendere possibili, in tempi a noi più vicini, la realizzazione della devolution e con essa il ripristino a Edimburgo di un’assemblea parlamentare e di un esecutivo autonomi, sprigionando le forze del nazionalismo politico che oggi aspira all’indipendenza. Come argomenta James G. Kellas, tra i massimi studiosi del sistema politico della Scozia e del riformismo nazionalista, tutto nasce con l’Unione: momento costituzionale non privo di vistose contraddizioni, esposto a interpretazioni discordi e da alcuni contestato perfino nella sua intrinseca legittimità, che tuttavia, non senza avere posto le premesse dello sviluppo della grande stagione dell’Illuminismo delle università di Edimburgo, Glasgow, Aberdeen e St Andrews, rendeva la Scozia una componente essenziale dello Stato britannico unitario e la immetteva nella modernità costituzionale.
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