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Addio a tutto questo - Robert Graves - copertina
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Descrizione



Il più nitido, struggente e indimenticabile atto di commiato che le trincee d'Europa abbiano costretto un poeta a scrivere.

«Lo spirito del reggimento sopravvisse ostinatamente a ogni catastrofe. Il nostro primo battaglione, per esempio, fu praticamente annientato nel giro di due mesi dal momento in cui si unì al Corpo di Spedizione britannico. il giovane Orme, che arrivava direttamente da Sandhurst, nella crisi della prima battaglia di Ypres si ritrovò al comando di un battaglione ridotto a soli quaranta fucili. Con questi e con un altro manipolo, residuo del secondo battaglione del Queen's Regiment, rimasto con trenta uomini e due ufficiali, contribuì a riconquistare tre linee di trincea perdute e fu egli stesso ucciso... Nel corso della guerra, almeno quindici-ventimila uomini devono essere passati per ciascuno dei due battaglioni di linea, la cui forza di combattimento non superò mai gli ottocento soldati. A ogni catastrofe i ranghi venivano riempiti con nuovi reparti provenienti dalla madrepatria, con i feriti leggeri del massacro di tre o quattro mesi prima, e con i feriti più gravi dei massacri ancora precedenti.»

Meno di cento chilometri in linea d'aria separavano le colline del Kent dalle Fiandre, e i corni della caccia alla volpe avevano un suono sinistro, contro il rombo dei bombardamenti a tappeto intorno a Ypres, o sulla Somme. Durante un attacco dell'artiglieria tedesca, il 20 luglio 1916, Robert Graves fu ferito così gravemente da comparire, in un primo momento, sulla lista dei caduti con onore, beninteso che il "Times" pubblicava ogni giorno. In realtà Graves tornò su un treno ospedale alla stazione di Wimbledon, e qualche tempo dopo si riprese dalle ferite, per quanto atroci: ma la notte sentiva esplodere granate intorno al letto, scambiava i passanti per amici perduti al fronte, e se sentiva partire una macchina, o sbattere una porta, si gettava a terra. E così, a poco a poco, quei cento chilometri scarsi fra il tè del pomeriggio e i cadaveri lasciati a decomporsi nella terra di nessuno diventarono, per Graves come per gli altri scampati al massacro, un abisso capace di inghiottire per sempre, in un orrore senza nome, il mondo di ieri. Che nel 1929, prima di lasciare un'Inghilterra in cui non avrebbe potuto più vivere, Graves ricostruì per un'ultima volta in questo libro il più nitido, struggente e indimenticabile atto di commiato che le trincee d'Europa abbiano costretto un poeta a scrivere. Con una nota di Ottavio Fatica.
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Dettagli

2016
6 ottobre 2016
398 p., Brossura
9788845931130

Valutazioni e recensioni

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Silde1958
Recensioni: 5/5
Merita

Di Graves sino ad ora avevo letto solo i romanzi storici ed i miti greci; Ho molto apprezzato questa autobiografia non solo perché me lo fa conoscere meglio come persona (di lui non sapevo praticamente nulla), ma soprattutto per la cruda descrizione dell’esperienza della guerra di trincea , degli strascichi sul fisico e sulla psiche, delle difficoltà di reinserimento nella vita civile dopo la fine della guerra. Interessanti anche gli incontri con personaggi quali Lawrence d’Arabia o Thomas Hardy. Insomma, un libro impegnativo e spesso duro, ma importante testimonianza di un’epoca.

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AdrianaT.
Recensioni: 3/5

Diciamo che la prende un po' larga con l'albero genealogico della famiglia. Caute manovre di avvicinamento con stile precisino, perfettino e leziosino da rischiare l'abbiocco qua e là e augurarsi, anche se non è proprio bello da dirsi, che finalmente parta per il fronte per agitare un po' le acque ferme, tendenti a stagnanti, dei primi capitoli da romanzo di formazione senza particolari qualità. La Grande Guerra, sliding door di milioni di vite e, in particolare, di quella del capitano Graves, suddito, soldato nonché poeta e scrittore britannico, che preferiva però definirsi irlandese e rinnegava la parte tedesca da parte di madre. Una posizione piuttosto scomoda, da sangue misto che non era proprio l'ideale, soprattutto la seconda metà, visti i frangenti. Si chiamavano Callagher, Dunn e Walker, ma in un attimo, dalle trincee di Cambrin in Francia, ti ritrovi dritto sparato sull'Altopiano assieme a Emilio e la Brigata Sassari: tutto il mondo è paese e il sangue è sangue ovunque: «Cara zia, io sto bene. Al momento stiamo nuotando nel sangue fino al collo. Mandami sigarette e un salvagente. Questa guerra fa schifo. Baci e abbracci.» Allora, quando ti reimmergi in queste testimonianze, cala immancabilmente un velo di rispetto e di silenzio. Credo che di tanto in tanto sia doveroso rinfrescarsi la memoria sui disastri del passato, soprattutto se riportati da chi li ha vissuti in prima persona, anche se queste cronache possono risultare faticose e la scrittura, come in Lussu e Levi, non è particolarmente brillante (devo ancora leggere Bedeschi). Come ai succitati, è un omaggio da tributare, punto. Talmente 'abituata' al fronte sulle Dolomiti (ho ancora le trincee tutt'intorno), pensare ai minatori gallesi e scozzesi nelle stesse condizioni mi ha fatto riflettere ancora sulla trasversalità del dolore.

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MV
Recensioni: 5/5

Mi è piaciuto molto. E' forse l'opera più coinvolgente che abbia letto riguardo agli effetti della guerra sulle persone.

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Robert Graves

1895, Wimbledon

Poeta, saggista e romanziere britannico. Nato da padre irlandese e madre tedesca, compiì i suoi studi presso il St John's College dell'Università di Oxford. La prima guerra mondiale lo vide soldato in Francia, nel reggimento dei Fucilieri del Galles.  Ferito gravemente nel 1916, l'esperienza gli avrebbe ispirato molti versi e un libro divenuto poi celebre per la sua profonda valenza antimilitarista: Addio a tutto questo (1929).Insegnò letteratura inglese all'Università del Cairo, prima di ritirarsi nell'isola di Maiorca per dedicarsi senza interruzioni alla sua opera di scrittore.  Avrebbe lasciato l'isola solo negli anni compresi fra il 1961 e il 1966, per insegnare poetica a Oxford e per tenere, occasionalmente, conferenze in diverse università...

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