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Prendete alcuni ingredienti canonici della letteratura per l'infanzia: una banda di ragazzi che affrontano avventure e misteri e sono in possesso di poteri straordinari (metafora dell'eccezionalità dell'età), adulti che non gli credono e non si fidano dei piccoli, ma in realtà sono proprio loro inaffidabili e inadeguati, specularmene una banda di cattivoni che vogliono rubare il tesoro della Maschera del Faraone (ma senza spargimenti di sangue). Mettete tutto nel pentolone del genere poliziesco, il cui successo si va progressivamente estendendo dalle librerie degli adulti agli scaffali dei ragazzi, e condite con le spezie di un umorismo gradevole, intelligente, mai volgare; per concludere, aggiungete un finale agitatissimo da comica cinematografica. È questa la ricetta che adopera Edoardo Gatti al suo primo racconto lungo. Naturalmente il successo di un buon piatto (racconto) sta nei dosaggi e nei tempi di cottura (scrittura). Quanto a questo, stile e ritmo sono veloci, scanzonati, essenziali, e l'intrigo è ben costruito. Fanno parte della banda dei piccoli investigatori senza pistole, reclutati da un questore e un commissario imbranati e incapaci che non sanno che pesci pigliare davanti a sedici ville svaligiate sul lago di Lecco, dei bambini dotati di poteri paranormali, quelli che i grandi perdono crescendo. Gigio prevede in anticipo gli incidenti che stanno per accadere, Massimo indovina il passato ma solo degli anni dispari, Maria è in comunicazione con un amico immaginario che però è capace di prevedere cose distanti nel tempo e nello spazio, la zingarella Brunella sposta gli oggetti con il pensiero. Alcuni brani sono di un umorismo travolgente, come quello della moglie del questore con vestitino nero e colletto bianco che a una festa viene scambiata per la cameriera e mandata a prendere un prosecco. La comica finale vede l'arrivo al galoppo dei nostri, con equivoci e quiproquò a gogò.
Fernando Rotondo
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