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Chi autorizza un essere umano a esprimersi in versi? È ciò che si chiede l'autore di questo volume, vincitore del premio Viareggio Rèpaci per la poesia, con Le cucine celesti (Diabasis, 2003): "Naturalmente io volevo scrivere un romanzo", prosegue Amato nella sua Nota di credito introduttiva. E del romanzo questi versi hanno molto: vi si delinea il quadro di un complicato universo familiare, popolato da personaggi che restano tenacemente nella memoria di chi legge. Un universo raccontato dall'Ascoltatore di musica in vinile, singolare figura tormentata da una misteriosa Mistificazione che contagia tutto, e dall'amore per il figlio Lapo, arpista non meno misterioso, che di notte trascrive L'arte della fuga, mentre il padre, salito su un fico e ben deciso a non scendere, "sta con le foglie / stormisce e canta / con un'ossuta merla che lo ascolta". Una moltitudine di voci prende la parola: il Cuoco, che tiene la madre chiusa nella dispensa, tra buste di ceci e "sacchettini di lenticchie", cucina ogni notte per i morti; il Profumiere, figura del poeta, che vende essenze attentamente composte, secondo una segreta strategia che tende a raggiungere gli "Angeli Minori"; Nedo, morto resuscitato che "viene su dal giardino" e bruca i gerani ai davanzali. Amato ha la capacità di trasfigurare luoghi e situazioni quotidiane: la famiglia, il paesaggio, il lavoro (l'agenzia di viaggi, la fabbrica di calzini). Ma ha anche la capacità di costruirvi attorno un mondo intero, che segue regole proprie. È un microcosmo fantastico in cui i particolari più minuti risultano indicibilmente complicati ("rivoltare un calzino / come il mondo!"), e la complicazione universale incredibilmente vicina e domestica (le stelle "sono leggere come il polline", tanto che "viene da starnutire"). Se dunque ha molto del romanzo, L'agenzia di viaggi ha questo della poesia: la capacità di creare un mondo.
Simona Niccolai
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