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Ah! Mussolini! - Giuseppe Tomasi di Lampedusa - copertina
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Descrizione


I viaggi del più eccentrico dei flâneur, un vero “pescecane”, lo scrittore del “Gattopardo”. Nel fascio di lettere, finora inedite, scritte tra il 1925 e il 1927, c’è, in breve, tutto Tomasi di Lampedusa: l’osservatore sagace (“Non puoi immaginare che cosa è di vorticoso e di tremendo e di affascinante Londra. Un piacevolissimo inferno”; al contrario, “Mantova è davvero troppo malinconica”) e viscerale (“Dopo accurate osservazioni compiute a Londra, Bruxelles, Anversa e qui sono in grado di annunziarti gli immensi progressi della pederastia. Se continua di questo passo fra cento anni un uomo che avrà commercio carnale con una donna sarà un pezzo da museo”).
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Dettagli

2019
16 novembre 2019
36 p., Brossura
9788894375855

Voce della critica

Segni particolari: inedito, sfizioso e a tiratura limitata. C’è un prezioso libretto di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, che raccoglie lettere mai pubblicate in Italia. È curato dal figlio adottivo Gioacchino Lanza Tomasi, è edito da De Piante, raffinato editore milanese, in 200 copie numerate più 10 d’artista, rilegate a mano, e s’intitola Ah! Mussolini! Lettere a Massimo Erede (1925-1927) (32 pagine, 30 euro). Un volume in linea con la filosofia De Piante, di certo fuori dalle logiche correnti: pochi libri per pochi, testi dispersi o dimenticati di autori riconosciuti, quasi tutti non viventi e perlopiù italiani. Dopo Sciascia e Morselli, Soldati e Vassalli, Montale e Fruttero&Lucentini, tocca a Tomasi di Lampedusa. Ben diverso dall’iconografia malinconica della terza età, dalle mestizie del successo postumo, ma giovane e gaudente, con idee e comportamenti da contestualizzare nel proprio tempo, quasi un secolo fa, ma tutt’altro che raccomandabili

Ben prima di diventare celebre come autore de Il Gattopardo – lo fu solo dopo la morte – il nobile palermitano conduceva un’agiata vita di viaggiatore e studioso di letteratura («Superbamente alloggiato, squisitamente nutrito, perennemente trasportato in automobile. Fo la vera vita del pescecane»), in cui la scrittura epistolare era una consuetudine. Uno dei destinatari delle missive era il genovese Massimo Erede, che lo aveva aiutato a pubblicare alcuni saggi su un bimestrale letterario.

Lettere e cartoline non sono quel che oggi verrebbe ascritto al politicamente corretto. Il trentenne principe, congedatosi dall’esercito, scrive dall’estero, ma anche dalla natia Palermo. Bolla l’omosessualità come «sintomo di bolscevismo». E aggiunge: «Dopo accurate osservazioni compiute a Londra, Bruxelles, Anversa e qui sono in grado di annunziarti gli immensi progressi della pederastia. Se continua di questo passo fra cento anni un uomo che avrà commercio carnale con una donna sarà un pezzo da museo». Nel 1927 si definisce il «più convinto e ferreo dei vecchi scapoli», ma cinque anni dopo capitolerà, sposando la psicanalista lettone Licy. Talvolta è alle prese con la «deflazione monetaria privata», per via di «distrazioni» («assaporando dell’ottima cucina e qualche donnetta») che ne hanno «rattristato la borsa», scrive di cravatte inglesi, zanzare di Mantova, e soprattutto degli articoli per la rivista, sognando un compenso («… mi darebbe grande soddisfazione guadagnare seppure dieci lire all’anno per conto mio»).

Capitolo non trascurabile è quello relativo al fascismo. Tomasi non era un progressista e negli anni Venti era infatuato del partito di Mussolini. L’invocazione scelta come titolo di questo volumetto è riferita a una Parigi «in istato di bolscevismo latente. Sembra l’Italia del ’19. Stamane un corteo comunista è sfilato nel quartiere delle banche, mentre esigevo un modesto “cheque” con grida di abbasso, minaccie e pietre. E nessuno reagiva. Ah! Mussolini!». A partire dal 1938, però, le cose cambieranno, come ricorda nella postfazione Lanza Tomasi. Il futuro autore di un bestseller planetario si redimerà, prendendo le distanze da fascismo e antisemitismo. A parole e con i fatti. Con allusioni profetiche a «baracconate di gale e pennacchi», e a parate di «formiche incolonnate», tra le pagine del suo romanzo. E aiutando una coppia di ebrei tedeschi rifugiati a Palermo e poi riparati a Barcellona dopo le leggi razziali.

Recensione di Salvatore Lo Iacono

 

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Conosci l'autore

Giuseppe Tomasi di Lampedusa

1896, Palermo

Giuseppe Tomasi di Lampedusa, duca di Palma e principe di Lampedusa si formò su scritti illuministici e raccolte di relazioni militari. Il suo casato ha origini bizantine ed è uno dei più antichi del Regno delle Due Sicilie. Da bambino studiò nella sua casa a Palermo sotto l'insegnamento di una maestra, della madre e della nonna, che gli leggeva i romanzi di Emilio Salgari. Frequentò il liceo classico a Roma e in seguito a Palermo. Sempre a Roma nel 1915 s'iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza, senza terminare gli studi. Nello stesso anno venne chiamato alle armi, partecipò alla disfatta di Caporetto e fu fatto prigioniero dagli Austriaci, in Ungheria. Riuscito a fuggire, tornò a piedi in Italia. Divenne narratore solo nella seconda...

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