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Viene approfondito il nesso "inverso" che va dalla storia alla teoria, valutando il linguaggio e l'approccio tra storia e metodo economico, tra dimensione quantitativa e qualitativa nei fattori decisivi per la crescita, dove è sempre mancata l’alleanza fra teoria e storia. In economia sono trascurate le analisi dell’esperienza giuridica, mentre serve un "diritto acconcio". Dopo Keynes l’idea chiave è che il progresso materiale dipende da 3 forze economiche: REI (Risorse,Efficienza,Innovazioni) per una teoria completa che includa anche Cultura, Istituzioni, Politica (CIP): perchè vi è crescita se emergono istituzioni politiche ed economiche inclusive, non extractive, fuori dai blocchi dell’ordinamento dell’economia: societario e nelle linee di azione. L’impresa deve decidere in condizione di incertezza, non di mero rischio: tempo e incertezza vanno diversamente considerati, mentre il principio di copertura del bilancio (art. 81 Cost. e Mastricht) va integrato con vincoli per evitare spese inefficienti o inutili, sulle quali molti godono. Si ripercorre la storia economia del nostro Paese, anche del brigantaggio, gli stati europei e la concorrenza con i nostri piccoli stati, il machiavellismo, l'uso improprio dell’IRI, ecc. Conclude: Il caso italiano è di un capitalismo comunque fino a ieri vincente pur nell’assenza dei valore del capitalismo, sembra confermare che il meccanismo di fondo dell’economia di mercato capitalistica, l’essenziale modo di produzione capitalistico, agisce e realizza la sua attitudine a sviluppare le forze produttive anche a prescindere dalle ideologie, quando non riesce a determinarle. La struttura vivrebbe di vita propria, sebbene la sovrastruttura non sia pienamente capitalistica. Ottima lettura per tutti, sia culturale che professionale.
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