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Il libro di Nani è un'opera piuttosto ambiziosa. L'autore si propone infatti due obiettivi impegnativi: da un lato, fornire una rilettura originale del processo di nazionalizzazione della società italiana, dall'altro, contribuire a ricostruire un capitolo della storia del razzismo italiano nel periodo postunitario. A differenza di quanto suggerito dal titolo, però, l'indagine non si estende a tutta la stampa italiana di fine Ottocento, ma a una parte di essa, benché molto significativa. Il case-study prescelto è la Torino di fine Ottocento, una Torino non più capitale, ma ancora rilevante sul piano politico e culturale, sede tra l'altro di una delle più importanti comunità ebraiche del regno. Come fonte vengono utilizzati due grandi filoni della stampa subalpina dell'epoca, il liberale e il cattolico, espressione rispettivamente della nazione "costituzionale" e di quella "reale" cattolica. Tranne alcuni accenni, non viene invece analizzata la stampa democratica, repubblicana, anarchica e socialista. L'auspicio che si può formulare è che l'esame venga esteso a livello nazionale e comprenda anche questi settori, in modo da avere davvero un panorama completo del dibattito su questi temi nella stampa di fine secolo.
Con la sua ricerca Nani mira del resto a colmare una lacuna storiografica, analizzando il processo di nazionalizzazione della società italiana attraverso un paradigma interpretativo presente negli studi stranieri, ma ancora poco utilizzato da noi: la "nazionalizzazione per contrasto", ossia l'individuazione, nella dinamica del nation-building, di un nesso costitutivo fra l'elaborazione dell'idea di nazione e le figure dell'alterità, tra "noi" e "gli altri". La causa della mancata tematizzazione di questo nesso da parte della storiografia italiana viene ricondotta dall'autore alla persistenza dell'idea di un'assoluta peculiarità del nazionalismo italiano, dal profilo liberale e umanitario. Mentre Nani ritiene che persino sul terreno della cultura diffusa l'Italia partecipò appieno a questo processo.
Nell'Italia postunitaria questa funzione identitaria per contrasto venne svolta principalmente da tre "controtipi": africani, meridionali ed ebrei. I primi due furono elaborati prevalentemente dalla stampa liberale, mentre l'antiebraismo fu preponderante in quella cattolica. Nei capitoli centrali del libro, Nani descrive l'origine e lo sviluppo dei primi stereotipi coloniali, la polemica sul Mezzogiorno con le sue radicalizzazioni razziste e l'antisemitismo cattolico di fine secolo. Un'indagine simile, ma senza il riferimento agli ebrei, è stata condotta da una giovane studiosa americana, Aliza S. Wong, in un libro appena pubblicato da Palgrave-Macmillan (Race and the Nation in Liberal Italy, 1861-1911, 2006), anche questo come quello di Nani rielaborazione di un'eccellente tesi di dottorato discussa nel 2001.
Il secondo obiettivo che l'autore si propone in stretta correlazione con il primo ha a che fare, come si diceva, con l'intento di sottolineare "la diffusa presenza di uno sguardo razzista nell'Ottocento italiano". Anche in questo caso, l'autore sceglie una prospettiva interpretativa che solo da alcuni anni ha cominciato a farsi strada nella riflessione storiografica nostrana, caratterizzata per lungo tempo dalla rimozione del tema del razzismo, come pure dell'antisemitismo. Nella costruzione della nazione attraverso le immagini dell'alterità, e in particolare nella definizione dei caratteri di neri, ebrei e meridionali, Nani evidenzia "la corposa presenza di slittamenti naturalistici" e di forme autenticamente razziste.
Sebbene confermi un dato ormai storiograficamente accertato, ossia la presenza di un'aspra polemica antiebraica nella pubblicistica cattolica di fine secolo, il terzo capitolo merita alcune considerazioni specifiche. Innanzi tutto, per la mole di riferimenti antiebraici rinvenuta da Nani nelle pagine dei quotidiani e delle riviste cattoliche torinesi, che è davvero notevole. Un altro aspetto interessante è però soprattutto costituito dall'analisi della "sintesi nazional-cattolica" elaborata da questa pubblicistica, in alternativa alla nazionalizzazione liberale. Nani sottolinea il ruolo avuto dalla costruzione di un'immagine negativa di alcuni gruppi sociali nel rafforzamento dell'appartenenza alla "nazione cattolica"; in questo contesto gli ebrei rappresentavano non solo i nemici della fede, ma anche i nemici della patria. Il riconoscimento della rilevanza della funzione identitaria dell'antisemitismo per la stampa cattolica e, attraverso questa, di tanta parte dell'opinione pubblica italiana di fine secolo, offre interessanti spunti alla discussione circa la presunta "debolezza" dell'antiebraismo nell'Italia postunitaria; le tendenze antiebraiche, da questo punto di vista, appaiono infatti non come espressione dei limiti della nazionalizzazione, ma (per alcuni importanti settori della società italiana) come sue forme costitutive.
Annalisa Capristo
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