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Spunti molto stimolanti. Tuttavia sa di raccogliticcio.
Recensioni
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La notorietà e una certa sovraesposizione dell'autore hanno fatto forse sottovalutare questo libro, nato da colloqui fra Le Goff e de Montremy svoltisi nella prima metà del 2002. Con poche domande dell'intervistatore e con scansioni cronologiche e concettuali molto chiare si illustra minuziosamente l'ingresso progressivo ed esistenziale dell'autore nel mondo della ricerca medievistica e, poi, le varie declinazioni del concetto di "civiltà" ritenuto decisivo per comprendere la società europea preindustriale. Troviamo il peso della fascinazione esercitata dallÆIvanhoe di Walter Scott (sopravvissuto poi in un modo "partecipato" di fare storia, ma tenuto sotto controllo dall'amore per la paleografia e per la centralità delle fonti); troviamo la combinazione di un'educazione ambivalente (cattolica la madre, laico il padre) e dell'insegnamento di Henri Michel (corretto "socialista militante che parlava molto bene della Chiesa") nella formazione di uno storico che si definisce "agnostico" e che, al contempo, legge l'immaginario dei rapporti terra-cielo di una società cristiana. È ribadita con forza l'opportunità che lo storico si sottragga al ruolo di "indovino" e pensi, essenzialmente e con coraggio, a "ricostruire" e a tendere alla verità: che nel medioevo è costantemente fatta di "tensioni" fra opposti. Colpisce la giusta insistenza della comunicazione efficace per il grande pubblico, un po' contraddittoria rispetto allo "scoraggiamento" che coglie l'autore quando constata che i "successi" della "florida scuola francese di medievistica" non sembrano essere riusciti a cambiare niente nei "media", nelle "idee di fondo che vengono trasmesse", nei "luoghi comuni ereditati dal XVIII al XIX secolo".
Giuseppe Sergi
Tra i massimi storici viventi del Medioevo, Jacques Le Goff è un punto di riferimento irrinunciabile per chi desidera scoprire i segreti di un'epoca e di una disciplina affascinante come la storia. In questo suo ultimo saggio, pubblicato da Laterza in concomitanza con l'apertura della mostra "Il Medioevo europeo di Jacques Le Goff" (Parma, 27 settembre 2003 - 6 gennaio 2004), lo studioso francese ripercorre in parallelo le tappe fondamentali di un'epoca e di una straordinaria avventura intellettuale. Infatti non solo racconta ideali, valori, mentalità e personaggi della civiltà medioevale ma delinea anche lo sviluppo dei suoi studi e delle sue ricerche, con il fervore e la passione che da sempre caratterizzano il suo lavoro.
Esposte sotto forma di un lungo dialogo con il giornalista Jean-Maurice de Montremy, le riflessioni dell'autore si susseguono con rigore e puntualità ma anche con chiarezza e affabilità di stile, caratteristiche che le rendono accessibili non solo agli specialisti ma anche al più vasto pubblico degli appassionati. Incalzato dalle domande del suo interlocutore, Le Goff racconta la nascita della sua vocazione di storico e gli sviluppi del suo pensiero, a partire dalle letture giovanili dei romanzi di Walter Scott fino agli anni dedicati all'insegnamento e alla divulgazione dei risultati delle sue ricerche. Soprattutto racconta un Medioevo ignorato, giungendo ad evidenziare, aldilà di abusati ma persistenti luoghi comuni, l'essenza di quella che fu una vera e propria civiltà.
La questione dei confini "cronologici" dell'epoca medievale, l'interpretazione delle fonti storiche, la figura degli intellettuali, dei banchieri e dei mercanti, le espressioni di religiosità, il ruolo della Chiesa e del Cristianesimo, la nascita di una civiltà europea sono solo alcuni dei temi affrontati in queste pagine da cui emerge il ritratto di un'epoca per nulla cupa e oscurantista ma piena di azione e di speranza, un'epoca niente affatto isolata in un passato ormai concluso ma in continuo dialogo con il presente, in cui si individuano i primi germi dell'Umanesimo e dell'Europa del futuro. Perché come ricorda lo stesso Le Goff nell'epilogo, «se è vero che ogni epoca passata vive ancora nel presente, credo però che il Medioevo sia particolarmente vivo e fondamentale nella società di oggi. Sono certo che influenzerà ancora molto il suo futuro.»
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