Sono passati quasi venticinque anni dalla rivelazione ufficiale della sua esistenza, ma intorno a Gladio e al suo ruolo nell'Italia della guerra fredda prevalgono ancora reazioni emotive o interpretazioni ideologiche. Questa realtà di fraintendimenti e ambiguità, a cui hanno contribuito purtroppo le stesse istituzioni italiane, rende tanto più prezioso e utile il nuovo lavoro di Giacomo Pacini (ricercatore e autore di altri saggi dedicati ai servizi di sicurezza in Italia) sulla complessa galassia della lotta clandestina anticomunista in Italia, di cui Gladio, come si evince dal titolo, fu solo una delle diverse espressioni. La prima parte del libro è dedicata alle origini delle organizzazioni clandestine in Italia e concentra la sua attenzione in particolare sul Nordest, ricostruendo in modo accurato il contesto di rancori e risentimenti nel quale si realizzò il progressivo assorbimento dei partigiani bianchi in formazioni para-militari anti-comuniste e documentando come il governo di Roma avesse fornito appoggio e contributi finanziari. Il quinto capitolo, dedicato all'esperienza del Maci (Movimento avanguardista cattolico italiano) in Lombardia e Sardegna, dimostra che si trattava di un processo che non era limitato al solo Friuli Venezia Giulia. L'insieme di queste unità e del loro personale costituì la principale base di reclutamento per Gladio, dopo che nel 1956 Sifar e Cia firmarono l'accordo bilaterale con cui si diede vita all'articolazione italiana del più ampio programma Nato Stay Behind. Nella seconda parte l'autore segue l'evoluzione di Gladio nel corso degli anni: dal pericolo costante di infiltrazioni neo fasciste alle pressioni statunitensi, negli anni sessanta, per un'espansione degli obiettivi e attività di natura preventiva, dalla scoperta casuale di uno dei depositi segreti di armi (i cosiddetti Nasco) nel 1972 presso Aurisina, che indusse le autorità italiane a ritirare i restanti depositi senza nemmeno consultare gli americani, fino agli anni ottanta, quando il mutato quadro internazionale e strategico indusse l'organizzazione a concentrarsi su attività di informazione ed "esfiltrazione". La parte finale del volume è quella, però, forse più interessante. Dopo aver ricordato come la documentazione disponibile sia convergente e uniforme nell'indicare l'esistenza di altre formazioni di lotta clandestina, parallele e parzialmente sovrapposte alla rete di Stay Behind, Pacini offre un'affascinante chiave interpretativa per spiegare le modalità, invero enigmatiche, con cui l'esistenza di Gladio venne rivelata al pubblico, nel 1990, dall'allora presidente del Consiglio Andreotti. Fin dal titolo della relazione consegnata dal governo alla Commissione stragi (Il cosiddetto Sid Parallelo-Operazione Gladio. Le reti clandestine a livello internazionale) l'identificazione tra Gladio e le "deviazioni" dei servizi fu evidentemente incoraggiata. Pacini ipotizza in modo convincente che il fine dell'operazione fosse quello di dare Gladio in pasto all'opinione pubblica così da allontanare l'attenzione dalle attività di altre formazioni ben più compromesse, documentazione alla mano, nell'eversione neo-fascista. Il valore del suo studio sta nel rigore critico e nell'assenza di ogni tentazione scandalistica: in questo senso, ad esempio, l'autore non discute l'oggettiva esigenza di determinati strumenti, nel contesto della guerra fredda, ma si concentra sulla verifica puntuale, per quanto è possibile documentare, delle concrete evoluzioni e possibili deviazioni di Gladio e dei suoi fratelli. Pacini utilizza in modo meticoloso una molteplicità di fonti di diversa provenienza che, per quanto ancora necessariamente incomplete e a macchia di leopardo, offrono comunque diversi elementi convergenti che permettono di trarre alcune prime, fondate, conclusioni: archivi privati e pubblici, sentenze della magistratura, fonti orali, saggistica scientifica, quotidiani dell'epoca. Lo sforzo compiuto da Pacini è davvero notevole, soprattutto per la capacità di orientarsi, senza mai perdersi, tra la mole di pagine prodotte dalle tante indagini giudiziarie sulle stragi, ma anzi incrociandole tra loro e sottoponendole a ricorrenti verifiche alla luce di quanto emerso in anni successivi. Se queste pagine non sono spesso riuscite a produrre condanne definitive e colpevoli certi, hanno però permesso di raccogliere e far emergere uno straordinario patrimonio di dati, documenti originali e testimonianze, di cui forse, come lamenta Pacini stesso, la saggistica non ha fatto un uso adeguato. Per questo il libro costituisce una lettura preziosa per chi voglia provare a comprendere un argomento su cui ancora tanti sono i fraintendimenti, ma che rappresenta un tassello fondamentale dell'esperienza italiana nella guerra fredda Luigi Guarna
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