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Un album con solo 6 pezzi ma sono tutti brani fenomenali, in particolare Amerigo ed Eskimo sono proprio due capolavori, irrinunciabile per chi ama la buona musica d'autore.
All'epoca in cui usci' amai pazzamente quest'album,sicuramente piu' di Via Paolo Fabbri che continua a non piacermi troppo. A riascoltarlo adesso lo trovo molto datato in alcune cose ,ma e' destino di tutto cio' che racconta momenti temporali precisi. Devo dire che non sentivo il bisogno di una rimasterizzazione di Eskimo che sembra voler mettere in risalto alcune piccole raffinatezze di arrangiamento che tuttavia non aggiungono molto a una brano notevole soprattutto per il testo autoironico. ma anche per quanto mi riguarda i brani preferiti,e in questo caso gli anni non hanno cambiato il giudizio,sono Pennsylvania (una delle canzoni piu' intime di Francesco) e Amerigo,vera epopea che come "tra la via emilia e il west" rende eterno e granitico un luogo geografico oltre che una figura archetipica. Degli altri brani,Libera nos domine e' un'invettiva un po' troppo ricorrente se pur riuscita,mentre non so quanto di "le 5 anatre" sia realmente di Francesco,almeno da un punto di vista musicale,ascrivibile credo a Biondini,mentre il testo sa un po' troppo di artificio. Mondo Nuovo infine: decisamente bruttina,come forse ancor piu' bruttina sara' poveri bimbi di Milano su Metropolis. Qui forse c'era bisogno di saldare qualche debito col fratello,autore della musica,ma non s e ne sentiva troppo il bisogno. Un ultima parola sugli arrangiamenti,che da Via Paolo Fabbri diventano piu' discreti ,ma anche in certi casi un po' routinarii. personalmente preferivo ,sotto questo punto di vista,la fantasia strumentale che riempie gli album da L'isola a Stanze di vita quotidiana. In conclusione un album che non sempre regge il confronto col tempo,ma che contiene 2 -se non 3- dei piu' bei brani di Francesco in assoluto.
Apparso per la prima volta nel '78, "Amerigo" rimane uno dei dischi piu' rappresentativi dei temi e dei motivi tipici di Guccini: la grigia poesia del quotidiano, il tempo che passa, la memoria dell'infanzia e della prima giovinezza, fino a quel "Libera nos Domine" che risulta oggi di un'attualità allora impensata e forse impensabile: "Dai preti di ogni credo e da ogni loro impostura, / (...) da Crociati e Crociate, da ogni sacra scrittura, / (...) da visionari e martiri dell'odio e del terrore, libera nos Domine". Chi allora aveva 17-18 anni sentiva risuonare nelle canzoni di Guccini i nomi di Leopardi, Schopenhauer, Hemingway, e con queste "canzoni intelligenti" (su cui bonariamente ironizzarono Cochi e Renato) ci si consolava del grigiore e della sterilità di una scuola lontanissima dalla vita, soprattutto da quella culturale. E si infiammavano i dibattiti: "Guccini è impegnato, ma non è politicizzato !... e poi vuoi mettere i suoi temi con il sentimentalismo di Baglioni o di Battisti?". Cosa rimane oggi di tutto cio'? Guccini è oggi un anziano cantautore che scrive testi "alla Guccini" e che sembra non saper piu' guardare il mondo se non dividendolo in "sinistrra" e "destra" (Buoni e Cattivi), e sopratttutto è diventato un Divo: i suoi concerti sono salutati come "eventi culturali", serissimi (serissimi?) professori d'università chiosano i suoi testi, si discutono ("cum laude") tesi di laurea in cui si passano al vaglio critico-filologico le lettere dei suoi ammiratori. Insomma, chiedo ai tanti ex - liceali ammiratori del Guccini di allora: cosa ne rimane oggi?
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