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Dal punto di vista della novità della ricerca i primi due capitoli del libro sono di notevole interesse. Nel primo si mettono in luce i caratteri distintivi della magistratura uscita da vent'anni di regime fascista e si dimostra come la maggior parte dei giudici sia transitata "senza scossoni da Mussolini a Badoglio poi di nuovo da Mussolini (Rsi) a Parri dal Regno d'Italia alla Repubblica sociale dalla monarchia alla Repubblica parlamentare". Il processo di epurazione dell'ordine giudiziario fu limititassimo e non appena gli organi della giurisdizione ordinaria ripresero il sopravvento su quelli straordinari creatisi nel vivo della lotta contro l'occupante e i suoi collaboratori i giudici si rivelarono in generale una casta molto chiusa e conservatrice. Gli itinerari di alcuni singoli magistrati illustrano questo percorso con grande efficacia.
Il secondo capitolo del libro esamina la genesi e l'iter dell'amnistia del 22 giugno 1946 poi passata alla storia come "amnistia Togliatti". La ricostruzione di Franzinelli è precisa ed equilibrata. Mette infatti in luce come Togliatti diventato ministro della Giustizia già con il governo Parri abbia sostenuto le ragioni di un provvedimento di clemenza û peraltro in una versione molto pi· restrittiva di quella che poi effettivamente pass= in seguito alle pressioni delle componenti moderate del governo û essenzialmente per annullare l'effetto della mossa del luogotenente e futuro "re di maggio" Umberto II che aveva preannunciato la volontà di "concorrere alla concordia degli italiani con un ampio gesto di clemenza secondo la consuetudine millenaria di Casa Savoia". Parato in qualche modo l'effetto di questa mossa molto pericolosa per l'esito del referendum con la promessa di un'amnistia di notevole ampiezza egli cerc= poi di presentare il provvedimento û della cui redazione si occup= personalmente û come un atto di forza della repubblica appena vittoriosa: il che era comprensibile ma non rispondeva alle realtà.
L'esigenza consueta in ogni amnistia ma nella situazione di allora pi· urgente che mai di svuotare le carceri sovraffollate e sull'orlo dell'esplosione era in realtà la motivazione immediata pi· pressante del decreto che fu approvato all'unanimità dal consiglio dei ministri socialisti e azionisti compresi. Ma l'effetto complessivo del provvedimento fu negativo e produsse in breve una catena di conseguenze che Franzinelli esamina impietosamente: permise la quasi immediata scarcerazione di alcuni esponenti di primo piano del regime fascista e un ridimensionamento consistente delle pene della "manovalanza" suscitando vivaci manifestazioni di protesta negli ambienti partigiani poco o nulla intimiditi dal fatto che il Guardasigilli forse anche il segretario del Partito comunista. La documentazione che emerge dalla carte della scrivania di Togliatti da Franzinelli consultate metodicamente è pi· che eloquente in proposito.
Togliatti per primo se ne rese conto e cerc= di porre rimedio alla situazione con una circolare che richiamava i giudici a un atteggiamento pi· severo: ma essa fu letta come un'indebita interferenza nei confronti dell'indipendenza della magistratura e non imped8 che le successive interpretazioni che questa diede del decreto assumessero aspetti di scandalosa indulgenza nei confronti dei fascisti. Ci= fu reso possibile dalla formulazione estremamente ambigua del testo che sembrava fatta apposta per dare il massimo peso alla valutazione discrezionale dei giudici. + troppo nota perché si debba qui insistervi l'espressione macchinosa e assurda di "sevizie particolarmente efferate" che apr8 la porta ai pi· odiosi abusi. Franzinelli sembra del parere û e l'esame anche filologico dei documenti pare dargli ragione û che il testo messo a punto da Togliatti non fu il frutto di una perfida macchinazione ordita contro di lui dai consiglieri giuridici di cui si era circondato ma il risultato di una certa fretta e superficialità a lui direttamente imputabili.
Questo atteggiamento û in lui decisamente poco consueto û è riconducibile a una serie di motivazioni diverse e in parte anche contraddittorie desumibili dalle spiegazioni che diede quasi "a caldo" in varie sedi di partito in un quadro che tendendo comunque a minimizzare gli effetti perversi dell'amnistia li attribuiva all'azione di una magistratura non defascistizzata e faziosa. Infatti insistette ora puramente e semplicemente sui limiti invalicabili propri di un regime di "democrazia borghese" ora sulla necessità di non ritardare un provvedimento che sarebbe stato preso comunque dal governo successivo in un contesto reso pi· sfavorevole dall'esito elettorale che aveva premiato la Dc ora sulla necessità di recuperare i giovani "che furono fascisti nel passato ma che adesso si trovano nell'incertezza". Tutte queste spiegazioni certamente ebbero un peso: in particolare Togliatti avvert8 con una sensibilità che non era mero calcolo politico il disagio di una generazione che era stata travolta dalla guerra e che data la sua valutazione molto pessimistica dello spessore reazionario che incrostava la società italiana temeva potesse essere perduta all'opera di socializzazione politica che ispirava l'azione del "partito nuovo".
Appare comunque assai probabile û sebbene su questo punto l'autore non approfondisca particolarmente la sua riflessione û che anche lo specifico atto di governo dell'amnistia si inquadrasse in quella logica di sottovalutazione degli apparati dello stato e della loro inerzia di funzionamento che si fece sentire particolarmente tra i comunisti ma che né il Psiup né il Pda ostacolarono veramente. Ag8 poi in Togliatti una sorta di sprezzante fastidio per i bizantinismi e il formalismo del linguaggio giuridico ostentato in pi· di un'occasione durante il suo ministero: un atteggiamento che gli si ritorse contro offrendo in pi· alla magistratura conservatrice l'alibi û e la sottile rivincita û di assolvere i peggiori crimini fascisti richiamandosi al dettato di un provvedimento voluto da un ministro comunista.
Nel nuovo governo De Gasperi (il II varato il 15 luglio 1946) Togliatti non accett= pi· incarichi. In questo contesto sebbene nella decisione abbiano giocato soprattutto la scelta di dedicare pi· tempo alla direzione politica e organizzativa del partito e la volontà di poter esprimere senza remore la posizione del Pci sulla politica estera nel momento in cui si intravedevano le prime crepe dell'alleanza tra le grandi potenze Franzinelli ha ragione di vedervi almeno come concausa anche le reazioni indignate della base comunista all'amnistia.
Il terzo capitolo del libro è dedicato a un esame sistematico delle sentenze della magistratura e in particolare della Cassazione che in vario modo applicarono il decreto del 22 giugno 1946 e a un puntuale resoconto dei loro effetti nei confronti di diverse categorie di imputati dagli alti funzionari dello stato fino alla "bassa forza" dello squadrismo e delle Brigate nere passando per coloro che si resero responsabili della deportazione degli ebrei. Il quadro è impressionante e nel complesso pi· oscuro di quanto le stesse voci pi· critiche levatesi contro l'amnistia lo abbiano a suo tempo rappresentato. Una raccolta di documenti û tra i quali si segnala opportunamente il testo del controverso decreto con la relazione introduttiva di Togliatti û e un'utile cronologia completano un volume che fornisce agli storici abbondante materia di discussione.
Aldo Agosti
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