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Cosa significa per noi _homines digitales_ essere "presi nella rete"? L'esistenza di Internet e dei social network ha cambiato la nostra ontologia? In questo lungo saggio il filosofo Paolo Bottazzini riprende il concetto teorizzato da Rickard Dawkins e Stuart Kauffman, secondo cui la Rete è la dimostrazione classica di come anche la storia possa essere considerata da un punto di vista evoluzionistico e rappresentata per mezzo di un algoritmo matematico univoco, che toglierà sempre più spazio al caso e alla libertà personale. Solo nell'appendice finale svela il suo pensiero: che cioè questo non è vero, perché un algoritmo non è sufficiente e occorre che il ricercatore (rectius, il "filosofo") ne ricavi un senso. La prima parte del libro, "La rete come paradigma", è un ottimo e completo - al più un poco ridondante - resoconto non solo di come funzionano la Rete, i social network e i grandi attori come Wikipedia e Google ma anche di come le dinamiche dietro ad essi siano poi le stesse che si vedevano ai tempi dell'antica Grecia, come capita assai spesso. Meno interessante la seconda parte, "La Social Network Analysis", di nuovo piena di informazioni storiche ma a mio parere più che altro compilativa. Infine la terza parte, "Dal documento al monumento" riprende il discorso della tendenza a non considerare più la causalità come un tema fondamentale per il dipanarsi della storia, parlando di chi non solo ha messo al suo posto la casualità (come Dawkins con i memi) ma allo stesso tempo ne ha limitato la portata nella visione evolutiva globale. Peccato per la mancanza di un indice analitico, che sarebbe stato molto utile per riprendere i vari concetti espressi nel testo, e per i parecchi refusi.
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