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Andare in Cina a piedi. Racconto sulla poesia - Giovanni Giudici - copertina
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Andare in Cina a piedi. Racconto sulla poesia
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Andare in Cina a piedi. Racconto sulla poesia - Giovanni Giudici - copertina
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Descrizione


Giovanni Giudici è noto al pubblico soprattutto per la sua opera poetica. Ma ricco e intenso è anche il lavoro in prosa che conduce lungo i decenni del Novecento, e che affronta una grande varietà di generi, dalla riflessione teorica sulla letteratura alla critica militante, dalla narrazione breve all'osservazione dei comportamenti e dei costumi del proprio tempo. "Andare in Cina a piedi" esce nel 1992 presso le Edizioni e/o, con l’intento esplicito di dare forma a un libro sulla poesia. Un libro che vuole circoscrivere un ambito preciso, e che della pratica poetica considera dinamicamente le azioni costitutive: l’ipotesi inventiva dell’autore, la risposta collaborativa del lettore, il ruolo creativo della lingua. Una raccolta di saggi che si inoltra nell'officina della poesia, e indaga i suoi strumenti, nel tentativo di rivendicare un ruolo, quello della poesia appunto, di cui la società contemporanea sembra avere decretato l’inutilità. Un libro ormai introvabile, di cui era giusto e necessario proporre una nuova edizione.
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Dettagli

2017
26 gennaio 2017
126 p., Brossura
9788867054879

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Marco
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Uno dei pochi poeti che quando parla di poesia lo fa in modo acuto e mai banale. Libro fondamentale.

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alida airaghi
Recensioni: 5/5

In queste pagine Giudici raccontava, con la consueta ironia, le disavventure esistenziali di chi avesse deciso di dedicare la sua vita alla scrittura poetica: la più misconosciuta, marginale e povera tra le attività letterarie. Si rivolgeva qui a se stesso, in una autobiografia reinventata ad uso di contemporanei e posteri, con una sorta di rievocazione diaristica dei suoi esordi, degli incontri con importanti personalità della cultura, delle difficoltà quotidiane in cui si dibatteva. Si rivolgeva anche agli apprendisti poeti, descrivendo la scintilla inventiva da cui prende avvio una composizione, la strutturazione stilistica, l’uso della rima e del ritmo, il valore della traduzione. Dava indicazioni su come avvicinarsi a un testo poetico, con quali accorgimenti leggerlo, in che modo ampliarne il senso, dove recuperarne gli echi. Il confronto assiduo con la lingua («miniera dell’esprimibile»), in particolare con la lingua poetica, e il fastidio per le approssimazioni di troppi mestieranti, per gli atteggiamenti istrionici o ieratici di molti sedicenti artisti, venivano sottolineati con un forte richiamo etico al rispetto della parola. Al punto da spingersi a sconsigliare formule abusate, eccessive o semplicemente stonate (no ai termini ad effetto, ai sentimenti gridati, alle specificazioni dettagliate, ai troppi avversativi o disgiuntivi; sì all’uso intelligente di litoti, chiasmi, allitterazioni, anastrofi e rime, che esprimono una cura attenta del suono). Con l’umile consapevolezza, però, che nella poesia gli autori sono sempre due: il poeta e la poesia stessa «che probabilmente pre-esiste, nel magmatico profondo della lingua, alla nostra stessa occasione/intenzione di scrittura». Nei versi nati da un’attesa durata anni possono confluire dati remoti e trascurabili, letture e incontri sepolti nella memoria, che improvvisamente si impongono da soli sulla pagina, dopo un viaggio lunghissimo, a volte faticoso. Come andare in Cina a piedi.

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Giovanni Giudici

(Portovenere, La Spezia, 1924 - La Spezia 2011) poeta italiano. Ha esordito nel 1953 con Fiorì d’improvviso, cui è seguito L’educazione cattolica (1963). Estraneo alla poetica ermetica, fin dalle prime opere si è riallacciato alla tradizione crepuscolare e, in parte, alla linea dei poeti liguri, con particolare riferimento a Montale. Dopo le raccolte d’esordio, la sua stagione matura si è aperta con La vita in versi (1965), che contiene le poesie scritte negli anni 1957-65, e Autobiologia (1969, premio Viareggio), nelle quali l’io cantato si fa sociale, protagonista di una biografia autoironica, raccontata con tono volutamente medio, senza eccessi né accelerazioni, giocato tra un ritmo narrativo quasi prosaico e improvvisi spunti lirici....

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