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1993 - Mostra d'arte cinematografica di Venezia - Miglior attore (Coppa Volpi) - Bentivoglio Fabrizio
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Dopo L'aria serena nella quale la sceneggiatura non esisteva, eccco l'opera vista come di transizione all'epoca. Scritto senza la minima ispirazione ma semplicemente giocando su mondi opposti, meccanico, quasi si trattasse di un trattatello di sociologia spicciola. La bellezza del film precedente, Milano vera protagonista delle quattro storielle, l'agendina Rhomeriana che faceva da tenue collante, pur se con mezzi non eccelsi si respirava il mglior Antonioni. Il secondo è un abbozzo, mollato Bentivoglio alla sua bravura 'Soldini non sa dirigere gli attori', la zingarella che non intrigherebbe nessuno , la pesante coltre rhomeriana, ancora arrancare nel solco di Wenders, ma il tutto appare sforzato, lontano da quanto si sperava dall'autore dell'aria serena dell'ovest.
Sentirsi schiantati in due per la mancanza della metà con la quale s'ipotizza di poter raggiungere l'equilibrio fisico e mentale, quell'alterità che si suppone possa fornire il completamento psichico e somatico. L'opera seconda di Soldini elenca le antinomie fra i due paradigmi sessuali. Chiusura e apertura, ordine e disordine, formale e spontaneo, stanziale e nomadico, regolarità e incostanza, sicurezza e precarietà, progettuale e occasionale, convenzionalismo e anticonformismo. Considerando il circolo speculare della struttura filmica, la si potrebbe fruire anche a ritroso: lui è attratto da lei per controbilanciare la propria lacuna identitaria, idem lei verso di lui. Desiderano ciò che percepiscono come necessaria compensazione. Si parte dal malessere patito da Pietro per giungere a quello di Pabe, ma un decorso narrativo ribaltato non apporterebbe alcuna differenza. Lei vorrebbe integrarsi già nella cosmetica da grandi magazzini, lui vorrebbe emanciparsi già con l'abbandonarsi al caso. Cercano un cammino interiore coadiuvato dall’esterno, il portare a esprimere un presunto aspetto soffocato di sé tramite l'ausilio maieutico ed eterocatalizzatore. Invece scoprono di poter soltanto avere quel che non sono, che non sono mai stati e che non potranno mai essere. La componente maieutica viene denudata fino a smascherarne la pigmalionesca: si sforzano di diventare quanto non appartiene alla loro indole, così l'allontanarsi d'uno dei due riapre la lacerazione originaria, mai sanata e sempre solo momentaneamente tamponata dalla reciproca tangibile presenza. A Pietro comincia di nuovo l'epistassi come recidiva d'un'amputazione, d'uno squarcio organico, d'una ferita rimasta sempre aperta, Pabe finisce pure più sbandata dell'iniziale viso sfregiato col rossetto. Due volti segnati dal colore sanguinolento d'un'esistenza fallimentare per un deficit nell'identità costitutiva. No comment sul film disponibile su dvd giusto adesso per sfruttare la cronaca della dilagante xenofobia.
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