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Anime perse - Umberto Piersanti - copertina
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Anime perse

Descrizione


Enrico ha tagliato la gola a un pescatore per un commento fuori luogo; Mario ha sparato al vicino perché gli rubava la terra. Claudia doveva porre fine alle sofferenze di Lucia; Luisa aveva tutte le ragioni per brindare con la madre, alla morte del padre. Un tempo si chiamavano manicomi criminali, ora sono centri di recupero: ci arrivano persone che non hanno ucciso per interesse o per calcolo, ma in preda alla follia. Da dove vengono, cos'è scattato nella loro testa, e cosa pensano ora, come vivono, al riparo dal mondo? Con delicatezza e immaginazione poetica, senza facili morali e senza mai giudicare, Umberto Piersanti ha condensato in queste pagine le loro storie.
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Dettagli

2018
29 marzo 2018
188 p., Brossura
9788871688176

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TAT
Recensioni: 5/5

L'autore come poeta è sempre stato seguito dalla critica, senza tuttavia mai entrare nella rosa dei mostri sacri della generazione post-montaliana. E forse dà il meglio di sé ora che non è più giovane, come in questa bellissima raccolta di storie, capace di avvicinarsi a vicende estreme con rispetto umano e sensibilità stilistica.

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Beppe Rigotti
Recensioni: 5/5

Storie di vite vissute e -non- condensate in un libro crudo ma poetico; scritto con l' efficacia dello straordinario autore. Se da un lato sono storie amare e condivise, dall' altro pone un' importante domanda di riflessione acuta e ingiudicabile: << Di cosa hanno bisogno le anime perse?>> Piersanti ripercorre con delicatezza di scrittura le voci interiori, cerca di comprendere chi ha perso un' identità o di chi soltanto per un attimo l' ha afferrata con 'disinganno' di convinzione. E' possibile definire la narrazione del libro come 'canto' di -impegno civile-.

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Voce della critica

L’identità perduta? Per Piersanti nel contatto con la natura

È dai centri di recupero dell’alto Montefeltro che provengono le diciotto storie che compongono Anime perse (Marcos y Marcos, 2018, 192 pagine, 18 euro) di Umberto Piersanti: le testimonianze sono state raccolte da Ferruccio Giovanetti, fondatore e direttore del Gruppo Atena, per poi essere interpretate dalla penna dello scrittore urbinate, che affonda nella poesia le radici della propria formazione.

Emilio nella vita ha tutto: denaro, beni immobili, un’ottima posizione lavorativa e l’amore di una donna che chiunque gli invidierebbe. Un giorno, nella sua esistenza apparentemente perfetta si insinua il tarlo di un’iniquità: un collega vince un concorso, soffiandogli l’opportunità di avanzare di carriera. Da qui nasce in lui la necessità di farsi giustizia da solo, laddove la società premia un incapace e non riconosce il reale valore delle persone che svolgono il proprio lavoro con dedizione e fatica.

Franco sogna la libertà che solo il mare gli può offrire, mentre la realtà che ha di fronte è quella di una moglie e una figlia che gli chiedono conto di come spende i soldi che si è guadagnato col proprio lavoro o di come dispone del proprio tempo libero; da questo disagio nascono i suoi atteggiamenti violenti nei confronti della famiglia.

Amalia, accarezzandosi la pancia, si interroga sulla possibilità di risparmiare al nascituro un’inutile esistenza, che non risparmia crudeltà a nessuno, nemmeno a chi non ha minimamente colpa.
Nelle brevi istantanee immortalate da Piersanti si può indagare nel passato dei personaggi: quasi tutti sono problematici, hanno perso un genitore oppure sono vittime di un meccanismo sociale che non perdona certi difetti.
Alcuni mostrano una logica inoppugnabile, sono convinti che sia giusto uccidere solo perché si è stati derisi o offesi, sembrano non cogliere la perversione del vendere il proprio corpo, anche in modi umilianti, in cambio di piccoli doni, o di farsi trasportare in cattive compagnie che spacciano droga o rapinano banche.

Il motore di tutto è una convinzione pericolosa, dettata da una percezione personale del reale, come quella mamma che decide di tagliare le vene alla figlia molto malata e ridotta a una vita vegetativa e si giustifica credendo di sentire la figlia implorare di porre fine alla sua vita.
Alcuni protagonisti vivono in centri di riabilitazione dopo aver passato del tempo in carcere. Il più delle volte sanno che devono comportarsi bene per potere uscire, per avere la possibilità di terminare le faccende lasciate in sospeso, che non hanno mai dimenticato; il più delle volte i familiari non vogliono prendersene nuovamente carico, perché hanno paura, perché sono stati feriti e umiliati, perché finalmente possono avere un piccolo sollievo da una vita di affanni.

Ciò che caratterizza i protagonisti delle storie di Piersanti è la forte e inoppugnabile convinzione di avere ragione: anche lontani dal mondo restano arroccati nella loro realtà, l’unica che conoscono, l’unica che possono concepire.
I centri di recupero hanno l’obiettivo di restituire alla società persone nuove, rieducate, guarite; ma il più delle volte non c’è qualifica e capacità del personale che tenga, il chiodo fisso è congenito, il meccanismo malato di pensiero è troppo radicato per essere estirpato attraverso l’educazione alla buona condotta. I centri di recupero qui tratteggiati sono strutture accettabili, con buon cibo e con infermieri attenti e gentili, dove i pazienti sono seguiti e curati da personale sempre disponibile. I protagonisti sembrano accettare la nuova collocazione, ma la loro vera natura, i loro rancori non tardano a riemergere: è come se la rottura fosse costituita solo dal momento dell’arresto, ma in loro fosse rimasto qualcosa di irrisolto con il mondo.

Quelli che hanno la possibilità di uscire dal centro, finiscono per ricommettere lo stesso reato che li ha portati in carcere la prima volta: sembra non esserci una reale possibilità di cambiamento.
La bellezza della natura, sempre presente in questi luoghi di riabilitazione, sembra un retaggio della formazione poetica di Piersanti: gli elementi diventano spettatori di una realtà umana che continua a correre incurante.

«Il mare era liscio, piatto, come si è abituati ormai a dire, come l’olio. Da lontano si scorgevano le rupi del Conero con le pareti bianche solcate dall’intreccio di corbezzoli, allori e carpini.»

C’è un forte contrasto tra il tormento delle anime e la pace del paesaggio, dove gli ospiti sono invitati a curare un orto, a dedicarsi ai fiori, a produrre olio e vino, come se il contatto con la natura sia necessario a riprendere contatto con sé stessi. L’ambiente bucolico delle colline del Montefeltro vorrebbe proteggere questa psiche così fragile ma al contempo crudele, trattenerla in un mondo tranquillo, lontano dalla corruzione della società. Eppure c’è sempre una volontà di fuga sopita, un guardare oltre la siepe, alla ricerca della libertà, della vita vera, nonostante i ritmi naturali scanditi dal centro sembrino dettare una perfetta armonia, una sinfonia dell’esistenza.

La siepe – topos letterario – separa dal mondo, dalla città dove è avvenuto il fattaccio, dai luoghi che sono stati testimoni di un dramma, ma è soltanto uno schermo, che non riesce mai a fare dimenticare completamente quello che è stato e che non può essere mai davvero dimenticato. Piersanti non indugia a lungo sulla minuziosa descrizione delle turbe psichiche, si limita a raccontare i fatti per cercare una dimensione interpretativa più alta.

La volontà di fare critica sociale sembra lontana dal suo occhio poetico, che invece dà maggior peso alla lingua, all’espressione perfetta di concetti, alla capacità della parola di entrare in un mondo totalmente estraneo come può essere una mente malata.

Recensione di Paola Lorenzini

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Conosci l'autore

Umberto Piersanti

1941, Urbino

Poeta italiano, una delle figure maggiori della letteratura italiana del XIX secolo. Piersanti debutta nel mondo della letteratura con La breve stagione nel 1967 all'età di ventisei anni, da lì nel corso della sua ultra decennale carriera ha pubblicato, oltre a diverse raccolte poetiche, testi di saggistica e anche opere di narrativa.Nel corso dell'anno 2005 fu uno dei candidati per il Premio Nobel per la Letteratura.La poesia di Piersanti è fortemente caratterizzata da eventi, figure, presenze, apparizioni,la cui intensità viene spesso percepita, in raccordi fulminei, per analogia o, più spesso, per disgiunzione, tra il presente e i ricordi che giacciono nella memoria.Ha pubblicato raccolte di poesie (Il tempo differente, 1974, L'urlo della mente, 1977,...

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