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Una delle raccolte di poesia più iconiche di sempre è senza dubbio l'Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters (1868-1950), che l'autore americano pubblicò a puntate sul "Mirror" di Saint Louis tra il 1914 e il 1915 e poi nella versione definitiva in volume l'anno successivo. Il volume assortisce poesie in versi liberi che raccontano le vite degli abitanti del paese immaginario di Spoon River - che nella realtà deriva dal nome dell'omonimo fiume che scorre nei pressi di Lewistown, la città di residenza dell'autore - e sepolti nel fantomatico cimitero locale: in pratica il libro contiene una serie di epitaffi che raccontano altrettante vite dei defunti che riposano nel cimitero di Spoon River. La versione definitiva del 1916 raccoglie 243 epigrafi più la poesia incipitaria, intitolata La Collina. Masters aveva già l'idea di raccontare i luoghi della sua vita tramite le voci di persone realmente esistite, ma lo spunto per narrarle tramite epitaffi di personaggi già defunti - e dunque, ovviamente, sinceri e obiettivi verso le proprie esistenze ormai concluse - probabilmente gli venne in mente dalla lettura dell'Antologia Palatina, appunto una racconta di epigrammi ed epitaffi greci. Il risultato è una galleria di varia umanità che colpisce allo stomaco il lettore e ne stuzzica l'immaginario con una serie di ritratti ricchi di rivelazioni fulminanti e spesso in grado di fotografare con pochi tratti l'anima di un uomo. Nonostante Masters si fosse posto lo scrupolo di cambiare i nomi, siccome tutte le storie del suo libro erano assolutamente vere e tratte dalle piccole realtà di Petersburg e Lewistown, successe che gli abitanti di queste comunità, in grado di cogliere le "fonti" umane del libro, bandirono il poeta a vita. Un grande prezzo da pagare per l’autenticità lirica che letteralmente trasuda da tutte le poesie dell'Antologia di Spoon River…
E' un "must have", tutti dovrebbero poterlo leggere per riconoscersi almeno in uno dei personaggi che rispecchiano ciò che noi siamo. Il cimitero di Spoon River è una nostra città, tante voci, tante persone, tutti noi raffigurati. Leggetelo!
Nel paesino di Spoon River, Illinois, dal cimitero i morti raccontano la loro storia: chi furono, come vissero o morirono, parlano dei loro rimpianti, desideri, rimorsi, ricordi, segreti. E, ora, tutti dormono, dormono sulla collina, i ricchi accanto ai poveri, i giusti a fianco degli ingiusti, le vittime e gli assassini. In pochi versi Edgar Lee Masters scolpisce un ritratto degli abitanti del villaggio che resta inciso nell'animo del lettore. Perché tutti possiamo riconoscerci in un personaggio: l'ateo picchiato a morte x le sue idee blasfeme, la poetessa derisa per il fisico deforme, il chimico che aborrì amore e matrimonio, il medico che sì dedicò alla cura gratuita dei poveri, l'uomo che, temendo delusioni, si ritrasse dalla vita in solitudine. E c'è l'amore, idealistico o carnale, che può dare felicità e significato alla vita, o, più spesso, condurre alla disperazione, al suicidio o all'omicidio. E tutti, bambini e anziani, giudici inflessibili, religiosi integerrimi, libertini e prostitute, banchieri e beoni, tutti dormono sulla collina. Perché la morte è la livella che ci attende, il fine ultimo della vita. A queste storie si è ispirato Fabrizio De André nell'album monotematico "Non al denaro, non all'amore né al cielo", suo capolavoro poetico e musicale, che ha segnato un'intera generazione, ribelle, anticonformista, libertaria. E' questo l'unico volume di poesie della mia libreria, nella celebre traduzione di Fernanda Pivano, che per prima fece conoscere Lee Masters in Italia. Acquistato nei primi anni '70, il libro mi ha accompagnato negli anni dell'università, con le sue sottolineature a matita dei passi che ritenevo più espressivi.
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