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L’ultimo appassionato lavoro di Santo Burgio, finito di stampare nel Luglio 2005, lo vede impegnato ancora una volta su di un terreno a lui familiare ovvero quello di un segmento della storia della pensiero religioso in epoca moderna, con una precipua attenzione rivolta agli sviluppi e alle sue battute d’arresto del pensare filosofico e teologico, secondo il linguaggio del probabilismo, tra il Cinquecento ed il Seicento europeo. Il libro si inserisce dentro l’attuale panorama di studi italiani di argomento storico-religiosi, fioriti in Italia in seguito alla sensibilità del dopo Vaticano II e in particolare intorno a due sedi principali: Milano e Bologna. L’esplosione culturale del probabilismo in Italia e in Europa avviene a partire dagli anni novanta del Cinquecento. Bartolomé de Medina, domenicano, è considerato il padre della teoria probabilista cioè «la possibilità di seguire un’opinione probabile, anche a costo di abbandonare una opinione probabilior» (p. 18). Al Medina segue la fase dei gesuiti: Gabriel Vasquez, Francisco Suarez e Luis de Molina. Essi portano il probabilismo alla fase dell’estrinsecismo dispiegato e ad un maggiore affinamento di questo strumento con l’uso del citazionismo. Il teatino Antonino Diana nel suo De opinione probabili, espone il piano teorico della sua scientia casuum. La sua costruzione teorica si chiarisce nelle sue conseguenze politiche e dai problemi posti dalle relazioni sovrani-sudditi, al momento di una coscienza esitante di fronte ad una ipotetica disobbedienza civile. Qui entra in gioco, in Diana, il ruolo del probabilismo come auctoritas ovvero come strumento formante che occupa gli spazi di una relazione, quella sovrano-sudditi appunto. Insieme a Diana anche Tommaso Tamburini era stato tra i protagonisti del probabilismo tra gli anni Venti e gli anni Cinquanta del Seicento. Allo scoppiare della reazione antiprobabilistica è normale che i due personaggi si ritrovino coinvolti...
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