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«Come uomo e scrittore, Malaparte ha avuto un ruolo non secondario nella società italiana, anche perché finisce per esserne più rappresentativo di quanto la società italiana – ed egli stesso – gradirebbero: un esemplare gigante dell'italiano medio, come deformato dalla lente di ingrandimento, pletorico e ipertrofico di quei vizi e di quelle virtù che si sogliono definire "nazionali": un arcitaliano, insomma.»
"Avventuriero" è la parola con la quale Curzio Malaparte (1898-1957) viene spesso bollato, con frequenti richiami all'Aretino, a Casanova, addirittura a Cagliostro. In effetti la sua vita è romanzesca: soldato, sindacalista, uomo politico, giornalista, scrittore di fama mondiale, autore drammatico, regista, perfino attore, tutto in un turbine di amori, duelli, arresti, scandali e, soprattutto, strani rapporti con il potere. Fascista, venne fatto confinare da Balbo e liberare da Ciano; comunista, venne protetto da Togliatti nonostante il giudizio di Gramsci («capace di ogni scellerataggine»); luterano e mangiapreti, gli fu attribuita una misteriosa conversione. Malaparte ha dunque lasciato un segno nella società italiana, della quale fu un campione rappresentativo per quanto anomalo: un arcitaliano, insomma. Opera di uno storico che ha già contraddetto i ritratti convenzionali di altri italiani emblematici, questa biografia di Malaparte inquadra il personaggio in un tempo non meno sconcertante di lui e porta per la prima volta alla luce un'ampia documentazione politica, letteraria e privata.
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Per l’A. Malaparte soffre di una sostanziale povertà ideologica che porta a risultati velleitari (come Hemingway) e deludenti ogni volta che vollero farsi interpreti della storia e della politica. Vedeva il fascismo come sindacalismo politico, seguendo il sindacalismo rivoluzionario dei primi anni del secolo (Sorel). Egli per natura faceva sempre un passo più in là e, nel tentativo di scavalcare i vecchi maestri, giunse alla Controriforma come ultima arma: quando un popolo individualista come il nostro perde la fiducia in se stesso e nelle istituzioni che lo reggono, l’ìmmoralità diventa una forma di viver civile e la mediocrità invade la cosa pubblica. Il fascismo incontaminato della provincia che si fa custode e garante del cambiamento avvenuto e promotore del suo sviluppo: Strapaese e Stracittà. La crudeltà è un fatto metafisico, intellettuale, i popoli più crudeli sono i popoli metafisici, come appunto i tedeschi. C’è nel marxismo una oscura bellezza, che lo affascina perché ama gli uomini soli, senza Dio, senza amici, senza amore... penso che il marxismo sia una forma della scristianizzazione dell’uomo europeo sotto la spinta delle necessità economiche. Compito è anche di difendere la decadenza della civiltà Europea attraverso le classi alte: un modo come un altro di far la critica del mondo moderno. Polemica contro l’antifascismo a tutti i costi. Un uomo delle grandi impossibilità per Jovine. E’ contro la DC banda di ignobili collitorti, suscitando nella sua scrittura l’istinto di identificazione del pubblico: gigionismo e ipocrisia ma anche buona fede e coraggio nei battibecchi (rubrica alla quale gli succederà Pasolini). A parte Saragat e Tambroni l’unico uomo politico per il quale ha parole di incondizionata simpatia è Fanfani, la sua bestia nera è Scelba. Una ricostruzione tra lettere, ricordi, testimonianze, che aiuta a comprendere il 900, il fascimo, il dopoguerra, ma anche le idee dell’epoca e loro riferimenti culturali e politici.
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