Il testo si apre con un percorso storiografico, conciso ma efficace, sull'"arte prodotta nel XV secolo al Nord delle Alpi, e più precisamente nel ducato di Borgogna, nei territori dell'Impero (
) e nel regno di Francia", a partire dalla contrapposizione vasariana tra "maniera italiana" e "maniera dei Goti" e mettendone in luce le mutazioni in reazione a contesti storici, mercato, restauri e nuovi strumenti diagnostici. Si tratta di una produzione artistica che forse più di altre è stata sottoposta a una lettura pesantemente condizionata dai nazionalismi dell'Otto-Novecento. Anche per neutralizzare tali incrostazioni critiche, l'autore combina la geografia artistica (evidenziata dall'uso di carte) con un approccio attento alle dinamiche sociali ed economiche. Il libro propone così un percorso costruito attraverso opere sapientemente concatenate tra loro, alcune presentate con illustrazioni, altre solo evocate, percorribile anche nelle accurate schede dedicate a singole opere alla fine del volume. Al centro sta la pittura su tavola, in quanto proprio la pittura su cavalletto assume un ruolo centrale nella politica culturale, ma vengono esaminate anche opere eseguite in altri materiali e tecniche, come miniature, arazzi, oreficerie, sculture, incisioni, opere architettoniche. Questa storia per immagini è intrecciata con le vicende politiche e culturali del ducato di Borgogna, con il sorgere delle identità nazionali nella Francia di Carlo VII e nell'impero asburgico di Massimiliano I, per finire con l'affermazione di nuovi centri commerciali come Anversa. Il "modello borgognone", elaborato ai tempi di Filippo il Buono, rappresentato da Campin, van Eyck e van der Weyden, conosce un'ampia diffusione europea "tramite due reti a volte sovrapposte, l'una diplomatica e l'altra economica". A questa storia dei successi viene accostato un percorso non meno importante e incisivo di resistenze e assimilazioni selettive, presupposto per l'adattamento del modello borgognone alla costruzione di un linguaggio francese, legato alla costruzione di un'identità nazionale francese. Con la disgregazione del ducato di Borgogna si apre una fase di regionalizzazione della produzione artistica, caratterizzata dal recupero di tradizioni locali e destinata a una clientela socialmente più ampia, per esempio nella produzione di Schongauer, Wolgemut, Riemenschneider. Alla standardizzazione, favorita dall'uso della stampa, Elsig, ancora una volta, contrappone una serie di "reazioni sperimentali" nelle opere di van Goes, Memeling e Durer, massimo esponente di una corrente italianizzante in contrasto con la tendenza anti-italiana della cosiddetta "scuola del Danubio" di Cranach il Vecchio, Altdorfer, Grunewald. Nelle pagine conclusive, Elsig riflette criticamente sulla categoria di "scuola del Danubio", che si afferma, sottolinea l'autore, in un momento storico particolarmente doloroso, l'Anschluss dell'Austria al Terzo Reich. Qui sta, forse, la proposta metodologica più importante del testo: pur rifiutando le implicazioni ideologiche, infatti, Elsig accoglie la constatazione dell'esistenza di uno "stile collettivo", definito "modello asburgico", il cui lascito più importante per la cultura artistica europea dei secoli successivi viene individuato nella lenta rinascita della tradizione antica dei generi pittorici. Susanne Adina Meyer
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