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Finalmente un libro dove si dimostra l'impossibilità di persistenza della civiltà attuale nel sistema ben più grande di cui fa parte. Questo è il problema: la nostra civiltà è un modello molto criticabile, ma è innanzitutto impossibile perché incompatibile con il Sistema Biologico Terrestre, che funziona in un modo completamente diverso. Tutti dovrebbero leggerlo.
Ho sostenuto l'esame col professor Trezza e non ho potuto fare a meno di leggere questo fantastico libro che, pur nella tragicità dei contenuti, realizza un lucido esame del disastro ambientale che l'uomo sta provocando nei confronti del suo peggior nemico: se stesso. Grazie Bruno.
Recensioni
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recensioni di Siniscalco, C. L'Indice del 2000, n. 07
L'impressionante sorpasso dell'energia della biosfera da parte dell'energia "tecnologica" è il punto di partenza di un'attenta critica alla scienza meccanicista e alla concezione riduzionista della natura che, secondo gli autori, traggono origine dall'uso distorto della tecnologia e dall'illusione di poter in tal modo uscire dalla condizione umana del "dolore", retaggio biblico della nostra specie. Questa impostazione scorretta, essendo sostanzialmente antropocentrica, porta alla distruzione dell'ecosistema Terra perché non tiene conto della sua complessità e dei suoi equilibri.
Le conseguenze del sorpasso energetico vengono analizzate in primo luogo in termini ecologici da Pignatti, come effetti sull'ecosistema Terra - definito "sistema auto-organizzante". Questa analisi, affrontata anche in termini termodinamici ed evolutivi, è particolarmente affascinante e porta con una sconcertante semplicità alla critica della cultura scientifica di origine galileiano-newtoniana e all'affermazione che, per poter affrontare un qualsiasi problema complesso, l'applicazione del metodo riduzionista non è adeguata ma è, anzi, fuorviante. Di qui deriva la necessità di tentare, per quanto ciò sia complesso e difficile, un'analisi della questione ambientale in termini integrati ecologico-economici. La necessità di questa integrazione sorge quando diviene evidente l'esistenza di un limite ai programmi economici di sviluppo della produttività e dei livelli di consumo. A partire dal 1972, anno della pubblicazione dei Limiti dello sviluppo, il dibattito sulla questione ambientale infatti si articola e si approfondisce non solo tra gli ecologi ma anche tra alcuni economisti. I problemi più attentamente analizzati, a partire dai cambiamenti climatici, denunciano uno stato di alterazione della capacità di auto-organizzazione del sistema Terra, alterazione che risulta in gran parte legata, anche se in modo estremamente complesso, all'aumento demografico, con ritardi negli assestamenti temporali di risposta tra aumento delle nascite e calo della mortalità infantile, aumento dei consumi e sensibilizzazione ai problemi ambientali. Il divario tra paesi industrializzati e paesi del terzo mondo interessa le differenze demografiche, e poi, a catena, quelle economiche e culturali, che mettono in relazione situazioni talmente differen-
ti da risultare impossibili da confrontare. E si citi soltanto, come esempio, il differente tasso di natalità dei paesi industrializzati, primo tra tutti l'Italia, e di alcuni paesi in via di sviluppo.
La globalizzazione economica, analizzata da Trezza nella seconda parte del libro, implica una diffusione generalizzata del sistema capitalistico, nel quale il fine del processo produttivo è il profitto, e che si basa quindi sullo scambio di moneta contro beni per ottenere più moneta, e non - come dice Keynes citando Marx - come sequenza di beni che vengono ottenuti attraverso lo scambio di moneta come avviene nelle economie cooperative. Il sistema capitalistico si cala quindi in uno spazio esclusivamente economico in cui l'ambiente non rientra se non come valore economico. I due autori criticano in particolare i concetti di valutazione di impatto ambientale e di sviluppo sostenibile: in una situazione in cui l'ecosistema Terra è incapace di auto-organizzarsi, ogni ulteriore consumo non può essere sostenibile e, di conseguenza non lo è neppure ogni ulteriore sviluppo. Il sistema produttivo diventa, per definizione, non sostenibile. Le esigenze dell'attuale sistema produttivo e la salvaguardia della biosfera risulterebbero quindi tra loro incompatibili.
L'ultima parte del libro prende in considerazione le nuove possibili filosofie integrate, quali l'ecoliberalismo, basate su una nuova etica e supportate necessariamente, secondo gli autori, dal coraggio dell'utopia. Grossi dubbi restano sulle condizioni politiche in tali nuovi contesti: Dahrendorf sostiene che le istituzioni democratiche non sono adeguate per affrontare la questione ambientale e che la scelta può essere se perire nella democrazia o sopravvivere nella dittatura. Il dilemma, posto in questi termini è a dir poco frustrante, e non sembra condivisibile neanche ai due autori, che, con questo libro, hanno voluto indurre alla riflessione e alla comprensione di un problema così complesso come la questione ambientale sensibilizzando chiunque abbia interesse a una visione integrata dei rapporti tra uomo e ambiente.
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