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Non c'è alcun ritratto di Lorenzino de' Medici. La damnatio memoriae che si è abbattuta sul tirannicida ha abraso qualsiasi possibilità di rintracciarne un volto, un profilo, con tutto che nel gruppo di esuli antimedicei non mancarono iniziative di celebrazioni classiche, anche iconografiche. Su quell'emulo di Bruto, che infiammò gli animi generosi dei repubblicani fiorentini (ma non determinò all'azione il loro capo, il banchiere Filippo Strozzi), la cesura della memoria storica ha determinato per contro un profluvio di manifestazioni letterarie, dalle tragedie alfieriane a testi teatrali (de Musset) fino a film approssimativi. Nella notte dell'epifania del 1537 Lorenzino era riuscito nel tirannicidio del primo duca di Firenze, Alessandro de' Medici. Da quel momento il suo destino personale fu segnato. Condannato a morte dal nuovo duca, Cosimo de' Medici, con tanto di ricca taglia sul suo capo, Lorenzino sarebbe stato costretto a fughe precipitose, a essere un mito scomodo per quanti si fingevano onorati di frequentarlo, fino all'esito scontato della vendetta. Lorenzino sarebbe stato raggiunto e assassinato a Venezia l'11 febbraio 1548 da sicari medicei. Nessun magistrato veneziano avrebbe speso tempo cosa inopportuna e rischiosa a indagare su quell'omicidio politico. La storiografia medicea avrebbe chiuso i conti con "Lorenzo traditore", codificandone la morte come atto della giustizia del nuovo duca. Una robusta storiografia positivista, a base di documenti all'apparenza inoppugnabili, avrebbe sanzionato questa ricostruzione.
Stefano Dall'Aglio, infaticabile e prestigioso studioso, smonta storia e storiografia plurisecolare sul "caso". Non un'organizzazione medicea aveva architettato la vendetta politica, ma quella imperiale: non Cosimo I, ma Carlo V, suocero dell'ammazzato Alessandro, era il mandante dell'assassinio. La sovrapposizione di due diversi piani operativi, entrambi con bersagli interni al gruppo di esuli antimedicei rifugiati a Venezia, ha provocato il cortocircuito ricostruttivo. Da Firenze si preparava, in quegli stessi mesi, un attentato al capo militare degli esuli, Piero di Filippo Strozzi, mentre la diplomazia imperiale seguiva le orme del tirannicida.
Sarebbe tuttavia fuorviante ridurre quest'ampia ricerca di Dall'Aglio (confortata da documentazione archivistica di prim'ordine) a una sorta di svelamento di un antico assassinio politico. Il volume offre molto di più: a cominciare dai protagonisti e complici di Lorenzino fino a oggi ignoti, alla ricostruzione di uno dei testi di maggior eco classica del Rinascimento, l'Apologia del tirannicidio, scritto da Lorenzino per difendersi paradossalmente dalle critiche dei suoi sodali di non aver provocato, dopo il tirannicidio, l'insurrezione antimedicea di Firenze, ma di esserne subito fuggito via. Proprio la molteplicità dei vari testimoni del testo, rimasto manoscritto per secoli, ha reso fino a oggi impossibile risalire all'archetipo. Vi riesce Dall'Aglio con un'analisi filologica e una ricerca archivistica che ristabilisce il testo originario, e la sua corretta datazione, correggendo un'infinità di storici autorevoli. Un volume, quindi, che penetra all'interno dei progetti politici del folto gruppo di esuli repubblicani con un'analisi e una documentazione straordinaria.
Paolo Simoncelli
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