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Atene e Gerusalemme. Contrapposizione e incontro di due principi creativi - Sergej S. Averincev - copertina
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Atene e Gerusalemme. Contrapposizione e incontro di due principi creativi
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Atene e Gerusalemme : contrapposizione e incontro di due principi creativi. 63 p. ; 21 cm. 100 - Ba in ottavo 9788879894692 Ottimo (Fine) .

Immagini:

Atene e Gerusalemme. Contrapposizione e incontro di due principi creativi

Dettagli

1999
Tascabile
63 p.
9788879894692

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MARIA LUISA VALERI
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QUESTO BREVE SAGGIO E' UNA DELLE OPERE PIU' CHIARE E ILLUMINANTI RIGUARDO ALLA CONCEZIONE STESSA DI "LETTERATURA", CHE SIANO MAI STATE SCRITTE. IN ESSO, INFATTI, IL GRANDE DOCENTE SERGEJ AVERINCEV, DIRETTORE DELLA SEZIONE DI LETTERATURA ANTICA DELL'ISTITUTO MOSCOVITA PER LA LETTERATURA MONDIALE, SPIEGA LA DIVERSITA' DEI PERCORSI CULTURALI NEL MONDO ANTICO TRA I GRECI E IL POPOLO EBRAICO. I PRIMI , CHE PRIMA TRAMITE IL MITO E IN UN SECONDO MOMENTO GRAZIE ALLA FILOSOFIA SI STACCANO GRADUALMENTE DALLA RELIGIONE, CREERANNO EX-NOVO IL GENERE LETTERARIO IN QUANTO TALE, MENTRE GLI EBREI SI EVOLVERANNO SEMPRE NEL SOLCO DELLA SECOLARE TRADIZIONE DELLA TORA'.

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Voce della critica


recensione di Grottanelli, C., L'Indice 1994, n.11
(recensione pubblicata per l'edizione del 1994)

Nato a Mosca nel 1937, Averincev direttore dell'Istituto moscovita per la letteratura mondiale, è studioso di letterature antiche e del primo medioevo (in particolare della cultura bizantina, a cui è dedicato il suo volume "L'anima e lo specchio", tradotto in italiano nel 1988) e della filosofia tedesca del Novecento. Questo suo saggio è stato più pubblicato in italiano sulla rivista "Lettera internazionale", ed era comparso poco più di vent'anni fa: a breve distanza, dunque, dal famoso saggio di Leo Strauss "Jerusalem and Athens. Some Preliminary Reflections", uscito su "Commentary" nel 1967 e sul quale ci illumina ora un altro libretto Donzelli (Karl Lowith e Leo Strauss "Dialogo sulla modernità", 1994). Il binomio "Atene e Gerusalemme" è vecchio almeno quanto la cultura cristiana - come mostra per esempio la domanda di Tertulliano, "Cosa hanno in comune Atene e Gerusalemme"? citata in esergo da Averincev a p. 9 - e ha accompagnato spesso la riflessione dell'Occidente, perché le due città si prestano a essere assunte come simboli delle due radici della cultura occidentale, la greco-romana e l'ebraico-cristiana. Semmai, si dovrà osservare che, mentre Gerusalemme restò componente fissa del binomio, Atene non fu sempre scelta a rappresentare l'altra componente.
Proprio il binomio Atene-Gerusalemme fu centrale, fin dall'Ottocento, nel campo delle indagini sulle origini cristiane e sui rapporti fra quel mondo religioso e la cultura ellenistica. Rispetto a questo venerabile e sempre vivo filone di ricerche, questo libretto di Averincev mi pare relativamente autonomo, caratterizzato com'è da due qualità significative: l'attenzione quasi esclusiva a problemi letterari, e lo sforzo, che oggi s'impone, di equidistanza e di rispetto nei confronti di entrambi i mondi evocati. A queste due caratteristiche si associa l'intelligente organizzazione della materia trattata: il piccolo saggio è diviso in due capitoli, dedicati rispettivamente all'autonomo e parallelo sviluppo delle due culture letterarie ("I: Contrapposizione") e all'incontro fra giudaismo e grecità in età ellenistica e romana, cioè dopo che ciascuno dei due mondi aveva "già raggiunto il massimo grado di chiarezza e di elaborazione" ("II: Incontro").
Quella che ho indicato come importante qualità del saggio di Averincev, e cioè la ricerca di equidistanza fra Atene e Gerusalemme, mi sembra appunto restare una ricerca e uno sforzo, non però coronati da successo. La buona volontà dello studioso russo gli fa trovare sempre o quasi sempre coppie di sostantivi da riferire l'uno ai greci e l'altro agli ebrei; e così fin sul risvolto di copertina troviamo "l'invenzione della letteratura" da parte dei greci contrapposta alla "costruzione della tradizione" da parte degli ebrei, o il contrasto fra "personalità straordinarie" bibliche e "individualità altrettanto eccezionali" elleniche; mentre altrove si attribuisce a Gerusalemme una visione del mondo basata sul tempo e ad Atene una percezione della realtà incentrata sullo spazio. Protestare contro queste rapide generalizzazioni sarebbe facile; ma qui interessa soprattutto notare come in queste polarità l'equidistanza dell'autore sia tanto enfaticamente proclamata quanto fittizia. L'idea di fondo è che i greci inventarono la categoria 'letteratura', la categoria 'filosofia', il concetto (letterario) di 'autore' e perfino di 'individuo', e che gli ebrei non ebbero nulla di simile. D'altronde, 'l'excusatio non petita' di Averincev a p. 13 parla chiaro: "Lo ripetiamo ancora una volta: non si tratta di stabilire se una letteratura che non metta in atto una... presa di coscienza (come quella greca), una simile autodeterminazione, sia in qualche modo necessariamente 'più bassa', 'più povera' o 'più primitiva' di una letteratura che abbia preso coscienza di sé. Non è più primitiva, è sostanzialmente diversa, e lo stesso termine 'letteratura, se applicato ad essa, acquista un significato sostanzialmente diverso". La comparsa dell'aggettivo "primitiva" chiarisce di che cosa qui si tratta, rimandando a quei popoli "primitivi" che sono stati da qualche tempo promossi a "popoli senza scrittura": non più primi, ma comunque senza, e perciò "sostanzialmente diversi".
Forse la letteratura "senza autodeterminazione" della Bibbia è vista da Averincev come sostanzialmente diversa dalla consapevole letteratura greca perché il mondo biblico gli appare "schiacciato" sull'antichissima cultura del Vicino Oriente pre-biblico, che egli mostra di considerare tutt'uno con esso, parlando di "letterature del Vicino Oriente antico, considerate nel loro complesso", e annoverando fra esse la letteratura biblica. Ora, chi conosca le letterature vicino-orientali antiche, e l'egiziana, e le paragoni con la Bibbia non può non riconoscere, accanto a un'innegabile connessione, una profonda rottura, dal momento che certi generi (per esempio il 'profetico') della letteratura biblica sono totalmente nuovi, mentre altri (come la poesia o i testi sapienziali) sono profondamente trasformati dalla nuova sensibilità del monoteismo nascente. È opportuno prendere alla lettera l'affermazione di Averincev che Atene e Gerusalemme "furono il risultato di due processi culturali differenti, che da un unico punto iniziale si sono separati prendendo due diverse direzioni". Il punto di partenza è costituito dalle culture del Mediterraneo orientale dalle quali si dipartirono innovando, in modi diversi, e l'una all'insaputa dell'altra, Atene e Gerusalemme. Di questi diversi cammini il saggio di Averincev ci fornisce un quadro suggestivo, interessante soprattutto per il suo sforzo lodevole ma vano di equidistanza critica.

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La recensione di IBS

Gli studi, le scoperte e le decifrazioni più recenti non hanno solamente arricchito le nostre conoscenze sulle letterature greca e del Vicino Oriente antico: più radicalmente, essi hanno fatto giustizia di ogni presuntuoso etnocentrismo, che a cuor leggero amava dividere i popoli in "creativi" e "non creativi". Non basta: essi hanno anche manomesso ogni visione "stadiale" che leggeva il percorso culturale ellenico come un "andare oltre" nel cammino, a suo modo universale e progressivo, di un unico concetto di letteratura.
Averincev dimostra invece che Atene e Gerusalemme furono il risultato di due processi culturali differenti, che da un unico punto iniziale si sono separati prendendo due diverse direzioni. Lontano da qualunque valutazione qualitativa dell'elaborazione teorica, attraverso una rigorosa ricostruzione delle tipologie espressive e umane - il saggio e il profeta, il filosofo e il letterato consapevoli della prorpia autonomia - Averincev ci guida in un viaggio lucido e seducente tra Atene e Gerusalemme, tra l'invenzione della letteratura e la costruzione della tradizione, tra le personalità straordinarie del mondo ebraico e le individualità altrettanto eccezionali del mondo ellenico.

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