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Anno edizione: 2010
Anno edizione: 2024
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In questo volume lo storico francese Michel Rouche traccia un quadro sintetico della storia degli Unni, del loro capo più famoso, Attila, e del loro ruolo nella trasformazione del mondo romano tra la fine del secolo IV e la metà del successivo, soprattutto dal punto di vista militare. La descrizione preliminare della geografia delle steppe e delle difficili condizioni climatiche è usata per spiegare le attitudini guerriere delle popolazioni nomadi provenienti dalla Mongolia. Una sintetica descrizione del mondo romano fra i secoli IV e V chiude la parte introduttiva del libro. Con la battaglia di Adrianopoli (378) si entra nel nucleo evenemenziale dedicato alle vicende belliche che videro protagonisti gli Unni fino al 469. Ampio spazio è riservato alla figura di Attila, modello per antonomasia del capo distruttore (flagellum Dei) che si ripropone nel corso dei secoli. Pur osservando che in realtà la violenza dei nomadi guidati da Attila era selettiva e non cieca come voleva il mito, l'autore privilegia una rappresentazione nel complesso ancora mitica del re unno. Rouche insiste infatti sull'eccezionalità dell'individuo e la spiega con argomentazioni di ordine psicologico, che di fatto avvalorano e continuano il cliché del barbaro incostante e irrazionale. Del resto, la storiografia ha tradizionalmente voluto accentuare il carattere arcaico del regno unno nel suo insieme. Lo stesso Rouche sembra riproporre, a tratti, una visione ormai superata delle steppe euroasiatiche come uno spazio abitato da nomadi che mantengono le loro peculiarità nel tempo. La presunta continuità del mondo delle steppe lo induce, per esempio, a considerare adatti alla ricostruzione dell'"inconscio antropologico dei guerrieri nomadi", e dunque degli Unni guidati da Attila, i dati etnografici di popoli georgiani (gli Osseti) raccolti nel secolo XIX e messi per iscritto nel 1946.
Rosa Canosa
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