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L' autonomia negoziale - Gianfranco Palermo - copertina
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Descrizione


Autonomia negoziale: le sue radici nel diritto dei privati, il suo inserimento nel sistema di diritto positivo. È arduo affrontare questo tema, che, nel passato, non ha ricevuto lineari svolgimenti, né tantomeno soluzioni suscettibili di sicura condivisione. Gioca, sul modo di concepire il diritto, definito ora "privato", ora "civile" - a seconda dell'uno o dell'altro angolo prospettico sotto il quale lo studioso si pone (è il diritto dell'individuo, di ciascun individuo nei rapporti con gli altri individui; o piuttosto il diritto che regola, in via eteronoma, i rapporti fra gli individui uti singuli?) - quello che indubbiamente è il peso della storia, che, nei continui mutamenti delle aggregazioni sociali, ha costantemente condizionato le riflessioni dei filosofi, degli interpreti accademici e curiali, nonché gli atteggiamenti assunti nella pratica. Da un lato è il fluire delle consuetudini e degli usi, che aspirano ad essere normativi; dall'altro lato, l'affermazione delle istituzioni pubbliche e poi del potere statuale. L'arbitrio, per l'appunto, che è la negazione del diritto, non solo quando all'attività negoziale viene, in assenza di una plausibile ratio, precluso il suo naturale sbocco sul piano normativo, ma anche quando fa difetto l'intervento di un legislatore, che, per insensibilità verso i valori fondanti, per incultura e grave carenza di metodo, possa dirsi adeguato ad assolvere il suo compito.
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Dettagli

3
2015
1 marzo 2015
Libro tecnico professionale
VIII-172 p., Brossura
9788834859438
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Indice

Premessa. – Parte Prima. – I. Il “dato dell’esperienza” (nel pensiero di Giuseppe Capograssi). – II. “Formazione sparsa”, uniformità e stabilità dei rapporti intersoggettivi. – III. La genesi del “diritto dei privati”. – I principî che ne regolano il divenire (nel pensiero di Filippo Vassalli). – IV. Alla ricerca dell’“unità sottostante”. – L’insufficienza delle dottrine istituzionali. – Il primato della ragione. – V. Corollario: “il potere del singolo di darsi un ordinamento” (nel pensiero di Salvatore Romano). – VI. L’atto negoziale come strumento di autodeterminazione dell’individuo, volta all’instaurazione della “regola”. – VII. Il suo rilievo “configurativo”. – VIII. Struttura e funzione dell’operazione negoziale. – IX. Il ricorso all’organizzazione statuale; l’impatto con il principio di autorità; la contrapposizione dialettica fra “volontà del privato” e “volontà dell’ordinamento”. – X. La “compatibilità” fra i valori insiti nel “diritto dei privati” e i valori, dai quali l’ordinamento, espresso dall’organizzazione statuale, viene a trarre la “ragione pratica” della propria esistenza. – XI. Il punto di fusione segnato dalla Carta costituzionale. – XII. La centralità dell’autonomia privata nel sistema di diritto positivo. – XIII. La “sussidiarietà” dell’intervento operato in via legislativa. – XIV. Il perseguimento dell’“utilità sociale”: a) la sua realizzazione mediante strumenti di carattere privatistico. – Parte Seconda. – XV. Il principio di convertibilità dell’autoregolamento di interessi in “precetto”, avente “forza di legge fra le parti”: – la tipicizzazione dell’attività negoziale nel concreto (“il negozio si tipicizza da sé”); – l’interpretazione dichiarativa e le norme sull’interpretazione; – l’integrazione del programma negoziale. – XVI. Il principio di corrispondenza fra “contenuto” ed “effetti”. – XVII. La varietà degli effetti riscontrabili in ambito procedimentale. – XVIII. Generale idoneità del “precetto” ad assumere “rilevanza esterna”; – la conversione in “titolo dell’acquisto” e l’opponibilità ai terzi titolari di interessi confliggenti. – XIX. La funzione di raccordo che, sotto questo profilo, la legge statuale è chiamata ad assolvere; – l’inserimento del “titolo dell’acquisto” nel “sistema della circolazione dei diritti”; – il ruolo della forma; – le lacune del sistema. – XX. L’esigenza di colmare tali lacune in accordanza con i principî dell’ordinamento. – XXI. L’emersione di nuove regole dalla legislazione novellistica. – XXII. Il criterio tradizionale della libertà di forma: analisi critica; – scrittura privata e moderne tecniche espressive: alla ricerca di un comune denominatore. – XXIII. Il ruolo tradizionalmente assolto dalla forma solenne e, in particolare, dall’atto pubblico; – debolezza causale e rigore di forma; – cause raisonnable e cause suffisante: una contrapposizione di scarso significato nel moderno ordinamento dei rapporti civilistici; – critica del concetto normativo di liberalità; – verso una disciplina unitaria di tutti gli atti negoziali, costituenti esercizio del potere dispositivo in regime di autonomia. – XXIV. Instabilità degli effetti propri del contratto di donazione e degli atti equiparati: una anomalia del sistema codicistico, che occorre eliminare; – i primi interventi legislativi. – XXV. La novella introduttiva del “patto di famiglia”: considerazioni critiche; – l’esigenza di una radicale riforma che, operando il pieno riconoscimento, sotto il profilo causale, di tutte le manifestazioni di volontà negoziale, volte alla realizzazione di interessi non patrimoniali, ne sancisca l’esonero dalla disciplina, alla quale sono assoggettate le liberalità nel sistema del codice. – XXVI. I valori, rilevanti sotto il profilo dell’etica sociale, che la libertà del disporre sottende; – la salvaguardia apprestata dalla Carta repubblicana; – i nuovi confini del diritto di famiglia; – la categoria dei diritti indisponibili e l’esigenza di una sua attenta rivisitazione. – XXVII. Recezione dell’autonomia negoziale all’interno dell’ordinamento e limite di riconoscibilità delle sue concrete manifestazioni. – XXVIII. Il giudizio di illiceità: a) la “nullità radicale” per contrasto con l’ordine pubblico.

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