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Autoritratto italiano. Un dossier letterario 1945-1998 - Alfonso Berardinelli - copertina
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Autoritratto italiano. Un dossier letterario 1945-1998
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Autoritratto italiano. Un dossier letterario 1945-1998 - Alfonso Berardinelli - copertina

Descrizione


Da dove ricaviamo l'idea che ci siamo fatta e ci facciamo dell'Italia di questi ultimi decenni? Può dire qualcosa, ha detto qualcosa, a proposito di identità nazionale, la nostra letteratura? Una volta si parlava di realismo. O di letteratura come storiografia. Oggi, in un momento in cui non solo l'idea di storia, ma la stessa idea di realtà e di rispecchiamento della realtà sembrano poco afferrabili, conviene forse rivolgersi fuori e nei dintorni di ciò che si chiama propriamente letteratura. In libri e scritture dallo statuto letterario incerto: diari, lettere, sociologia irregolare, giornalismo, testimonianze morali e politiche, fino alla critica di costume e alla critica letteraria (purché non troppo accademizzata).Con testi di provenienza così eterogenea, Alfonso Berardinelli costruisce un suo specialissimo «autoritratto italiano», una esemplare antologia di immagini letterarie della società italiana d'oggi, «ad uso di un possibile lettore straniero o di un ipotetico lettore futuro». Lo fa a suo modo e con il suo stile. Consapevole del carattere parziale e provocatorio di una simile, eterodossa selezione. «Il grande romanzo sociale sull'Italia contemporanea, che credevamo non ci fosse, invece forse è già lì. E aspetta solo il nostro sguardo per diventare visibile».

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Dettagli

1998
19 ottobre 1998
176 p.
9788879894456

Voce della critica


recensioni di Deidier, R. L'Indice del 1999, n. 07

"Mi sono accorto tardi di essere italiano", scrive Berardinelli ad apertura di questo Autoritratto italiano, dove racchiude scritture eterogenee per forma e destinazione.E in realtà, oltre il facile alibi tematico, questo volume si configura come qualcosa di ben diverso da un’antologia ideale di scritti, lettere, diari, interventi sul tema dell’identità nazionale, a partire dal dopoguerra fino ai nostri giorni.Il solo filo rosso, in grado di legare tempi e posizioni così diversi (dalle riflessioni, in epoca post-fascista, di Carlo Levi, di Saba, di Nicola Chiaromonte, alla visione – ora ironica e disincantata, ora drammatica – dell’urbanesimo dilagante, fino allo stallo del processo di "mutazione antropologica" descritto da Pasolini, alla dispersione ideologica, all’individualismo carrieristico fine a se stesso), è, nell’ottica di Berardinelli, la latitanza del concetto e dell’immagine di "patria", oggetto definibile, qui da noi, solo in assenza.

Condizionato dal fenomeno Pasolini, che era riuscito a tracciare un disegno del paesaggio italiano più attendibile di quello offerto dalla sociologia e dalla statistica, l’antologista decide di fare la strada inversa rispetto a quelle scienze e pone il fare letterario come metro di conoscenza ugualmente valido, sotto la patina abusata dell’invenzione e della fantasia. La letteratura (una letteratura intesa forse in senso troppo ampio e sfumato, fino ad abbracciare la storiografia, la saggistica, il reportage, il giornalismo propriamente intesi, ben oltre qualsiasi ipotesi di mera creatività; basti ricordare, tra gli autori presenti, Galli della Loggia e Giorgio Bocca) si affranca dalla vulgata che la vuole terreno della mimesi e dell’occultamento.

Non più "rabdomanti ciechi", gli scrittori si offrono quali principali testimoni di un secondo Novecento molto critico, colto in tre momenti di svolta e di sviluppo particolarmente pregnanti per definire la possibilità – o l’impossibilità – di dedurne la presenza di una popolarità diffusa, intesa proprio come carattere, genus, peculiarità che si contiene entro determinati confini e informa di sé un intero territorio.L’immediato dopoguerra, con i suoi entusiasmi e con il conseguente ripensamento del regime e del suo avvento, è rappresentato dal giudizio severo di Elsa Morante ("un popolo onesto e libero non avrebbe mai posto al governo Mussolini"), per cui l’informità del "popolo" si sarebbe resa complice delle soppressioni delle libertà, nonché dalla sostanziale estraneità del concetto di Stato rispetto ai suoi luoghi più periferici (la Lucania di Carlo Levi).Non a caso questa appare la sezione più importante del libro, poiché contiene in sé i germi di quella futura mutazione e di quel futuro disfacimento del trasformismo postmoderno, nell’esasperato "tartufismo" (Garboli) di tutta una classe dirigente: per la costruzione di una società nuova non basta – scriveva Saba tra ironia e utopia – "l’amore intelligente del nostro paese", né la sola "volontà di potenza".Eil petto del Duce era, esemplarmente, "spinto troppo in fuori".

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Conosci l'autore

Alfonso Berardinelli

1943, Roma

Alfonso Berardinelli, critico letterario e saggista, è noto per aver sollevato numerose polemiche: sui metodi della critica, sul ruolo degli intellettuali, sul linguaggio filosofico, sull’insegnamento letterario. Tra i suoi libri: La poesia verso la prosa. Controversie sulla lirica moderna (Bollati Boringhieri 1994), L’eroe che pensa. Disavventure dell’impegno (Einaudi 1997), Nel paese dei balocchi. La politica vista da chi non la fa (Donzelli 2001), La forma del saggio (Marsilio 2002), Che noia la poesia. Pronto soccorso per lettori stressati (con H.M. Enzensberger, Einaudi 2006), Casi critici. Dal postmoderno alla mutazione (Quodlibet 2007), Che intellettuale sei? (Nottetempo 2011), Non incoraggiate il romanzo (Marsilio 2011). Ha fondato e diretto con Piergiorgio...

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