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Una madre, un figlio, una figlia. Rapporti umani simbiotici ed estremi, col loro carico di abiezioni e di improvvise redenzioni.
«Un libro pericolosamente coinvolgente» - The Guardian
«Harwicz celebra l'erotismo e l'audacia con un'intensità degna di Clarice Lispector.» - The Times
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Baci all’inferno è un romanzo scritto in modo crudo e viscerale, diviso in due parti che sono indipendenti l’una dall’altra e che ti costringono a fare i conti con una realtà aberrante. Nella prima parte del romanzo, intitolata “La debole di mente” assistiamo al monologo interiore, feroce e brutale di una figlia che parla della sua vita, del suo amore/dipendenza per un uomo sposato, e del suo rapporto contorto con la madre. Due donne a confronto. Due folli. Due fuori di testa a livello totale che non lasciano nulla di inespresso. Sapete, a volte, noi ci controlliamo. Per educazione, per moralismo, per ciò che ci ha inculcato la società, ciascuno di noi, molto di rado, dice fino in fondo quello che pensa. Ancor meno fa tutto quello che vorrebbe. Vi sembra ovvio, lo so. Ma in questo libro non è così. L’infanzia non esiste, non esiste nemmeno il presente, nemmeno quello che leggiamo pagina dopo pagina. È chiaro che è tutto assurdo eppure così riconoscibile nelle sue atrocità, soprattutto emozionali. Madre e figlia. Così struggenti e imprevedibili. Così distanti, nemiche eppure vittime della stessa misera vita. Così lontane dalla realtà, perché l’autrice sembra aver estremizzato tutti i loro comportamenti e le loro parole. La madre definisce la figlia “anticresciuta”, usando questo termine per dire che i loro ruoli sono scambiabili e che anche la figlia potrebbe partorire la madre, senza alcuna distinzione. Ed è un po’ così questo libro, che ti lascia di stucco, senza quasi parole. È pieno di crepe e di eccessi, quasi quasi ti vien voglia dire, “lascia stare”, ma no, perché dove c’è l’eccesso, amici miei, c’è sempre un fondo di verità. Siete disposti a vederlo?
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