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«"Di tutti i pericoli che infestano il bosco di notte, fantasmi, folletti cattivi, orchi che fanno i bambini alla griglia, streghe che invece li ingrassano dentro alle gabbie per i loro banchetti cannibali, il lupo è il peggiore perché non sente ragione. Sei sempre in pericolo nella foresta, dove non c'è nessuno. Inoltrati sotto i cancelli dei grandi pini i cui rami spogli ti si avvolgono intorno, e fanno inciampare il piede del viaggiatore incauto, come se la vegetazione stessa fosse in complotto col lupo che abita nella foresta, come se gli alberi infidi andassero a caccia per conto dei loro amici - inoltrati tra i cancelli della foresta con la più grande trepidazione e infinita prudenza, perché basterà lasciare il sentiero un istante, e il lupo ti divorerà. Sono grigi come la fame, cattivi come la peste." Naturalmente oggi non lo accetteremmo. Nessun bosco è infido, diremmo. Non ci sono foreste che fanno paura e soprattutto i lupi, oh, i lupi, non sono cattivi. Certo, lo sappiamo. Ma le fiabe non vogliono dirci questo, non sono didascaliche come immaginiamo. Il lupo non è il pedofilo che insidia le bambine, come si sente ripetere a proposito di Cappuccetto rosso, ma prende ogni volta le sembianze dei nostri timori. E dei nostri oscuri desideri, anche. Se non scendiamo in fondo, nella parte nascosta della nostra anima, non siamo in grado di affrontare pericolo alcuno. Questo dicono le storie.» (Dall'introduzione di Loredana Lipperini). Età di lettura: da 10 anni.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Da leggere. Senza alcun dubbio. Un po' "Piccolo Principe" e un po' "La strada (di McCarthy)"; questo libro è un'esperienza stupenda, consigliata a tutti, grandi e piccini.
Delicato, poetico, commovente in alcuni tratti (il bellissimo pezzo sul valore degli abbracci) ma allo stesso tempo asciutto, privo di fronzoli o smancerie, ambientato in un futuro triste ed indistinto, ma dove anche bambini sedati e trascurati sentono il bisogno di ritrovare radici e senso del vivere. Veramente bello.
Un'opera colma di pregi. Non si parla dell'amore, lo si lascia soltanto intuire; nonostante i protagonisti siano bambini e ragazzi, non c'è nessuna affettazione, nessuno sguardo buonista o atteggiamento protettivo verso di loro. Beatrice Masini ha costruito un libro visionario ed evocativo. Una post-apocalisse assolutamente credibile e plausibile, un mondo vuoto e confuso; esseri umani che cercano di rialzarsi provando a ricreare un ordine. E la svolta antropologica non può che essere una, ancora una volta: la parola, il linguaggio. Leggere il significato profondo delle parole, l'unico strumento per ricordare una vita antica e perduta, dalla quale poter trarre forza e coscienza per ricostruire. Grazie ad un libro e alle storie che racconta, i bambini capiscono che la vita non può essere una soltanto, ma che è molteplice: il segreto è immaginarla. Mi ricorda due libri molto importanti: "La strada" di Cormac McCarthy e "Cani selvaggi" di Helen Humphreys. Suscita la stessa fiducia e speranza nel "cammino" dell'opera di McCarthy; e riprende l'ambientazione in un luogo mitico ed ancestrale che è il bosco del libro della Humphreys, oltre a inserire il personaggio della bambina inselvatichita, Lu, molto simile ad una delle protagoniste di "Cani selvaggi". Ai miei occhi un ulteriore merito. E poi "Robinson Crusoe", che si rialza soltanto quando ritrovando il baule si affida alla lettura della sua Bibbia: la parola fa la differenza..."La parola trae le cose dall'ombra" (citando un vecchio libro di Diego Marani "Nuova grammatica finlandese"). Beatrice Masini ha colpito nel segno. I suoi bambini sono così primordiali, sperduti e ferini che descrivono perfettamente l'alba dell'umanità. Enchanté!
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