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Anno edizione: 2024
Anno edizione: 2024
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Un romanzo palpitante in cui il giudizio – anche di fronte alle azioni più estreme – è sempre fuori scena. Con una scrittura trascinante e tagliente, Marco Balzano torna a indagare il rapporto tra individuo e collettività, tra le scelte personali e i grandi rivolgimenti della Storia. «La vita è aggredire o difendere, distruggere o prendersi cura».
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Fortunatamente è breve, m'è parso sinceramente di perdere del tempo nel leggerlo. La vicenda si sviluppa pressapoco dagli esordi del fascismo fino alla sua conclusione ed oltre e segue le vicende di Mattia Gregori uno squadrista di cui non si comprende praticamente nulla ossia parliamo del protagonista che alla fine risulta essere solo abbozzato e male. L'ho sinceramente trovato un testo irritante nei passaggi così veloci da risultare assolutamente posticci, finti, superficiali. L'espediente di inserire questa madre cercata poco e sconosciuta al protagonista resta sinceramente un mistero: dovrebbe essere la motivazione alla sua rabbia? Leggevo del rischio che si potesse entrare in "sintonia" con il protagonista: impossibile tanto appare farlocco. Salvo del testo solo il racconto un po' più efficace della deportazione in campo di prigionia e quello, peraltro breve, del tempo trascorso in malga. Il resto pare una prima stesura che non indaga praticamente in nessun modo un periodo storico (troppo lungo per essere trattato in 200 pagine) e una situazione ambientale (Trieste) che si prestavano moltissimo ad essere approfondite essendo interessantissime. Basta leggere una pagina di Boris Pahor - «ci si confronta [ndr nelle opere di Pahor] non solo con la violenza fascista e l'orrore nazista, ma anche con il frequente disconoscimento agli sloveni di elementari diritti e di identità triestina a pieno titolo e col conseguente muro di ignoranza che ha separato a lungo gli italiani dalla minoranza slovena, privando entrambe le comunità di un essenziale arricchimento reciproco». Claudio Magris - per ricevere più stimoli e informazioni che si possono avere dalla lettura di questo inutile volumetto. Evitatelo, se potete.
Romanzo potente , lacerante, che attraversa come una schioppettata la storia più buia del novecento triestino , una città cupa umida e ferita,l'ambientazione perfetta di questa storia, cronaca nerissima vista attraverso lo sguardo tanto feroce quanto disperato di Mattia, detto "bambino", uno psicopatico violentissimo e disperato . Un abisso di violenze e le delazioni si apre di pagina in pagina durante la ricerca ossessiva di una madre mai conosciuta , una solitudine invincibile, un uomo feroce in un corpo angelico e glabro, che trova solo nel rapporto con il padre (figura fondamentale) un barlume di umanitá e redenzione, ed è proprio il genitore, un uomo saggio e mai schierato a sostegno degli estremismi che si alternano in città , diviso fra la pietà ed il disprezzo verso il figlio, nel quale il lettore finisce per riconoscersi, così incerto fra la condanna ed una qualche comprensione. Una storia bellissima e nera
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