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La Basilicata federiciana nella toponimia medievale: rudimenti di storiografia sveva. Origini e aspetti pregiuridici del territorio - Antonio Vito Boccia - copertina
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Descrizione


Con la struttura e con la forma di questo saggio, che ha ad oggetto uno studio sulla nascita dell'assetto moderno della Basilicata, viene presentata anche un'indagine approfondita sull'origine delle città lucano-basilicatesi e sulla determinazione dei confini della stessa regione, così come la conosciamo oggi. Nell'ambito di tali ricerche, finalizzate a ricostruire una storia che è ancora pressochè inedita, è stata messa in rilievo l'identità medievale del coronimo Basilicata, per come è risultato sia in base alle poche fonti primarie esistenti, che all'analisi toponimica: alla luce delle considerazioni contenute nel testo si vedrà che è lecito parlare di genesi 'sveva' della regione. Fermo restante il contenuto scientifico e il carattere argomentativo dell'opera, inoltre, vengono esposte una serie di tematiche di carattere storico-giuridico, unitamente ad altre di carattere linguistico, per quanto è possibile attraverso modalità divulgative. Sia le citazioni bibliografiche, sia quelle di archivio - se ritenute indispensabili - sono infatti presenti e vengono accennate ed inserite nel corpo del testo, mediante dei richiami volutamente sintetici (e non a piè pagina). Si deve poi segnalare il vasto utilizzo della 'toponimia', come principale metodo di ricerca: si tratta, com'è noto, di una scienza ausiliaria che risulta essere fondamentale per lo studio della storia del territorio, soprattutto in assenza di specifiche indagini archeologiche e di penuria archivistica. Essa, pur facendo parte della linguistica, intrattiene rapporti indispensabili con gli studi storici: infatti, riesce a rappresentare la significativa resistenza - sui luoghi - di veri e propri 'fossili linguistici', i quali possono fungere da guida, fornendo molto spesso adeguati e obiettivi riscontri, laddove (come nel periodo tardo antico e alto medievale) le fonti documentarie di primo grado sono molto scarse. A proposito di fonti d'archivio, dobbiamo ricordare che, perseguendo l'abitudine inveterata di cancellare una storia scomoda, fatta soprattutto di una presenza religiosa "concorrenziale" nel Mezzogiorno (parliamo di obbedienza 'ortodossa'), la chiesa cattolica - anche se involontariamente - ha grandemente contribuito a rendere poco leggibile l'epoca in esame, distruggendo il culto ortodosso e, vieppiù, i testi ad esso legati. A ciò si aggiunga la dispersione di una gran parte del patrimonio laico e, in particolare, di quello codicistico greco-medievale appartenente alla corte di Federico II, che venne improvvidamente donato da Carlo D'Angiò al papa e che, quindi, alla metà del Tredicesimo secolo fu trasportato in quello che sarebbe diventato l'archivio 'segreto' vaticano. Alcuni di questi codici si sono salvati e fanno parte del nucleo di partenza della raccolta vaticana, ma devono essere ritenuti come materiale archivistico disorganico e non perfettamente catalogato (inoltre, sono scarsamente studiati). Si specifica, infine, che pur non avendo una vocazione manualistica, il libro - grazie all'analisi di alcuni manoscritti medievali (soprattutto cronache e atti giuridici) - offre uno spaccato di storia del diritto vigente nel Mezzogiorno d'Italia, all'indomani dell'anno Mille.
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Dettagli

ABE
2025
2 gennaio 2025
262 p., Rilegato
9788872971451
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