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non amo molto i classici, ma questo mi è piaciuto, scritto bene.
Un romanzo di non facile lettura, una storia di ossessione più che d'amore. Ancora una volta, Balzac dimostra come sotto una facciata di apparente virtuosismo si nascondano animi alquanto meschini, che non esitano ad agire a scapito altrui per soddisfare i propri labili capricci. La prima parte del romanzo è di gran lunga migliore della seconda. L'ultima ventina di pagine, in particolare, diventa un po' confusa a causa dell'inserimento di molti nuovi personaggi funzionali alla vicenda ma poco delineati e per questo facilmente confondibili tra loro. Il finale l'ho trovato parecchio affrettato e poco credibile, per un romanzo realista. Non mi aspettavo certo un epilogo tragico (del resto, siamo all'interno del ciclo della "Commedia umana"), ma avrei preferito un'enfasi maggiore su alcuni aspetti.
Anzitutto gli esterni, lo sfondo della vicenda, una Bretagna rimasta medievale, cinta da possenti mura antiche per nulla segnate dal passaggio del tempo: "La pialla della Rivoluzione ha trovato masse troppo scabre e dure per agire: si sarebbe intaccata se non spezzata". E in quel tratto di Loira incantevole, ecco Guérande al centro della scena, geografia d'un fazzoletto silente, cattolico, poco aperto al nuovo. Tre caratteri centrali descritti con mastodontica bravura, in un gioco narrativo che anche nelle apparenti lentezze descrittive dispensa rarità d'ingegno poetico come - naturalmente - nessun'altro ha mai fatto in letteratura. Tutta la potenza della storia è mossa da questa riflessione: "Amare e farsi amare sono due cose diversissime". Due donne sofferte: una perché sente il proprio tempo fisico pesare troppo nell'economia di una possibile relazione, l'altra per un passato di smacchi e tradimenti che l'ha come bloccata, ferita nel profondo. E un uomo, Calyste, attratto da questi due cuori, ma spinto da Felicité, (la più anziana, che pure lo ama) verso le braccia dell'altra: "I cavalli bradi si scelgono come capo il più bello fra loro. La bellezza è il genio delle cose, è il marchio che la natura ha posto sulle sue creazioni più perfette, è il simbolo più attendibile e al tempo stesso il fatto più casuale. Si son mai raffigurati angeli deformi?". Le pagine da custodire si perdono, il romanzo è un urto costante di grandiosa filosofia dell'anima, un'incandescente indagine sul femminile che può mandare all'aria col colpetto di un mignolo poderosi trattati di psicologia. Perché "le donne hanno il talento delle sfumature, ne fanno troppo uso per non conoscerle a menadito. L'amore più puro mente sei volte al giorno, le sue bugie sono un segno della sua intensità". Febbri romantiche sciolte in passaggi mirabili, due cigni smarriti fra due scogli, in un tempo di dentro uguale alla più grande trappola nell'universo dell'Essere donna. Capolavoro assoluto!
Recensioni
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BALZAC, HONORé DE, Una figlia d'Eva, Passigli, 1995
BALZAC, HONORé DE, Papà Goriot, Rizzoli, 1995
BALZAC, HONORé DE, Il colonnello Chabert - Un episodio ai tempi del Terrore, Rizzoli, 1995
BALZAC, HONORé DE, I martiri ignorati, Biblioteca del Vascello, 1995
BALZAC, HONORé DE, Béatrix, Feltrinelli, 1995
scheda di Bertini, M., L'Indice 1995, n. 9
Scavando in direzioni diverse nella grande miniera della "Comédie humaine", l'editoria italiana mette a nostra disposizione, in forma economica, alcuni capolavori fondamentali, qualche romanzo meno noto e una singolarissima "operetta morale", "I martiri ignorati" sinora non disponibile in italiano. È da quest'u1timo testo che vorrei cominciare, auspicando che le dimensioni veramente lillipuziane (14 cm per 7) del volumetto non lo facciano passare inosservato agli occhi dei suoi potenziali lettori. Concepito come una sorta di dialogo platonico (il sottotitolo recita: "Frammento del Pedone d'oggi"), "I martiri ignorati" mette in scena un gruppo di scienziati e un giovane filosofo, Raphael, nel quale si riconosce facilmente un "ritratto dell'autore da giovane". La discussione verte sulla natura del pensiero: se il pensiero appartiene alla realtà spirituale, perché lo vediamo spesso agire sul mondo dei corpi con straordinaria forza disgregatrice? Come è possibile che, in un gran numero di delitti destinati a restare impuniti, un pensiero, un'idea abilmente manovrati si trasformino in armi mortali? Alla discussione scientifico-filosofica si intrecciano aneddoti inquietanti e grotteschi, sgranati con una sovrana disinvoltura che evoca i grandi maestri della digressione, da Sterne a Stendhal. "Béatrix" e "Una figlia d'Eva" ci mettono di fronte a un altro Balzac: l'ineguagliato pittore della 'femme de trente ans' che per primo seppe collocare al centro dei suoi romanzi le frustrazioni e le sofferenze, gli eroismi e le trasgressioni della condizione femminile. "Il colonnello Chabert" e "Papà Goriot" appartengono invece ea Balzac "dottore in scienze sociali", per cui i destini dei singoli si caricano di significato storico: è quanto mettono in luce nelle loro belle ed esaurienti introduzioni, rispettivamente, Paolo Tortonese e Francesco Fiorentino.
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