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Benedetto Luti. L'ultimo maestro - Rodolfo Maffeis - copertina
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Benedetto Luti. L'ultimo maestro - Rodolfo Maffeis - copertina

Descrizione


Vissuto in un secolo di ambizioni enciclopediche e attraversato da movimenti internazionali, Benedetto Luti fu nel suo tempo un pittore importante e celebre. Per tutto il Settecento parlano di lui le opere compilative di biografie d'artisti, sia di parte romana sia di parte fiorentina, così come la letteratura artistica francese e inglese. è costante la sua collocazione a sigillo della scuola fiorentina e, come ultimo grande di quella tradizione travasata a Roma, in stretto contatto e continuità con Carlo Maratti. Nato a Firenze nel 1666, visse l'ultima stagione della committenza medicea come allievo di Anton Domenico Gabbiani; nel 1691, all'età di 25 anni, fu inviato a Roma sotto la protezione del granduca Cosimo III, che gli concesse di abitare e di tenere bottega in Palazzo Medici in Campomarzio, dove risiedette per tutta la vita con la moglie e i quattro figli. Frequentò attivamente l'Accademia di San Luca, di cui divenne Principe nel 1720, e la Congregazione dei Virtuosi del Pantheon, di cui fu Reggente nel 1708 e 1709. Pittore riflessivo, rigoroso, perfezionista, autore di uno stile inimitabile per lo studio estremo in cui lo raffinò, dipinse poco per le chiese di Roma ma divenne celebre per i dipinti di soggetto mitologico, ricercati dai maggiori mecenati del tempo, da Pietro Ottoboni a Clemente XI Albani, dall'elettore palatino Johann Wilhelm a Lothar Franz von Schönborn.
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Dettagli

2012
30 maggio 2012
340 p., ill. , Rilegato
9788874611553

Voce della critica

Il dotto e sontuoso volume dedicato da Rodolfo Maffeis a Benedetto Luti (Firenze 1666 - Roma 1724) offre il destro per una serie di considerazioni i cui spunti sono disseminati per l'intera compagine del testo, costituendo la trama secondaria di una trattazione che rispetta con rigore i codici propri al genere monografico (fortuna, saggio, catalogo, appendici documentarie, apparati). Una predominante attitudine intellettuale in Luti sarà riconosciuta da Lione Pascoli: "Era così profondo nel sapere, che sapeva ancor più di ciocché dall'opere sue si ritrae, quantunque assaissimo vi si ritragga (…). Aveva grandissima cognizione dell'altrui maniere". Spetterà poi ad Antoine-Joseph Dezailler d'Argenville scorgere in tale distillante esercizio la vocazione malinconica dell'epigono (Luti "terminera l'histoire des peintres Florentins"), cosicché l'abate Lanzi non si lascerà sfuggire la possibilità di impiegare un contrassegno epocale alla sua Storia pittorica già bell'e pronto: "l'ultimo pittor della Scuola". I contemporanei e i posteri non remoti colsero nell'opera di Luti la confluenza nel più vasto alveo romano: la prima e più difficile questione che si poneva a Maffeis era quella di specificare che cosa fosse ancora, ormai o già, la scuola di Firenze in cui Luti si formava e che in Luti si estingueva. Maffeis lo fa ritessendo la scena pittorica toscana, in particolare di Firenze e Pisa, tra gli ultimi decenni del Seicento e i primi del secolo nuovo, con il piglio di chi è stato allievo di Mina Gregori e insieme con il disincanto imparato da Luigi Baldacci. Cartesiano di mente, d'occhio e di mano e tuttavia partecipe dell'eredità del Cimento, Luti si muove tra categorie della modernità come la "distinzione" verificatrice e la "plausibilità" espressiva. Allorché diviene, dal secondo decennio del Settecento, l'artista più prestigioso di Roma, cavaliere dell'impero e poi principe dell'Accademia di San Luca, questa sua metodica sarà applicata a un'inedita "riedizione dell'episodio di storia sacra", in un formato "che ovviamente si rifaceva ai bassorilievi antichi per i gradi intermedi dei testi sacri del classicismo seicentesco da Domenichino a Poussin". La sintonia di Luti con il "sistema di valori, contenutistici e formali" dell'Arcadia si innesta ora sulla nativa formazione razionalista: ne nasce una pittorica ars critica che impone di ripensarne l'opera entro una più ampia cornice di pensiero, italiana ed europea. Si tratta della grande riforma dei saperi e dei metodi storiografici che, in questi stessi decenni, persegue Ludovico Antonio Muratori nel suo progetto di un'enciclopedia moderna, attingendo tanto allo spirito filosofico d'impronta francese che all'immenso lascito galileiano. L'affondo di Maffeis sulla pittura profana di Luti è altrettanto felice: nell'Educazione di Amore (Pommersfelden) è da cogliere "la pace incorrotta e sorridente di questa Sacra Famiglia pagana, delineata con un disegno impeccabile, strenuamente esercitato sulla statuaria classica e intenerito dallo studio del vero dal modello". È dunque questa delle favole antiche la topica immaginativa consustanziale alla genealogia storica della modernità italiana, ora che è sempre più insostenibile l'atto di fede nel "realismo", quello sì inventato e atemporale. Massimiliano Rossi

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