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"Bianco sporco nasce dal desiderio di far apprezzare al mondo il valore dell'amore universale, che va oltre il pregiudizio, oltre l'ignoranza che prolifera, oltre ogni forma di razzismo, cancro del cuore", sebbene l'obiettivo poetico non si esaurisca in questa dichiarazione posta all'inizio dell'intera raccolta, solo verso il finale si scorge l'umile consapevolezza dell'autrice: "Non le mie rime serviranno a cambiare il mondo - Ma a scuoterti l'animo, bianco - E' questa vera vittoria per me" (p. 30). I pensieri di Mariantonietta Campobasso sembrano annegati nella malinconia in realtà sono imbevuti di speranza e di fiducia nell'altrui umanità e pertanto si caricano di quella forza evocatrice ed ispiratrice. Il suo è un grido di speranza: "Lasciatemi sperare / lasciatemi il sapore della libertà" (p. 36). L'autrice semina le sue parole nell'incolto terreno dell'anima di tutti quei fratelli sporchi di "un'umanità mai vissuta / di guerra sempre aperta / di amore mai nato" (p. 22). La punteggiatura, in particolare i punti di sospensione, impone il ritmo e scandisce il tempo imponendo delle brevi pause, necessarie per metabolizzare le due parti del periodo in cui sono divisi i pensieri. I termini "bianco" e "nero", in un continuo gioco di contrapposizioni di razza, spesso si sporcano di fango, annullando le differenze: "Uomo di colore nero come il bianco, / uomo diverso come te" (p. 34). L'uso della sinestesia produce una forte suggestione che si traduce in armoniosa consonanza tra la musicalità del verso e il colore del linguaggio descrittivo. Nella sequenza di immagini in bianco e nero s'interpone l'arcobaleno, metafora di un ponte che unisce tutti gli uomini nella fratellanza non di sangue ma di amore universale, così come auspicava Martin Luther King (p. 23). "Bianco sporco", come pietra lanciata nello stagno fangoso, solca l'animo umano facendolo tremare in maniera sublime.
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