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recensione di Bonino, G., L'Indice 1996, n. 2
Sessant'anni, millenovecentosettantacinque titoli - c'è un errore per difetto nei totali della "Tavola delle schede annuali suddivise per sezioni" - tra saggi, prefazioni, recensioni, interviste, tutti catalogati e dotati in molti casi di un breve regesto. Sfogliando questo libro si prova immediatamente un'impressione di stupore: di fronte a una tale mole di pubblicazioni, di così vario genere e su così disparati argomenti, non è possibile non provare un moto di meraviglia. Subito dopo sorge spontanea una domanda: ma a che cosa serve un libro come questo? Una prima risposta, la più ovvia e banale, lo considera, giustamente peraltro, come un normale strumento bibliografico, e tutti gli studiosi sanno come di questo genere di opere ci sia sempre una grande necessità. Ma questa è senza dubbio una risposta parziale, perché prende in considerazione un gruppo di lettori molto ristretto e specialistico. Per tutti gli altri, per chi non sia intento a studi sul pensiero di Bobbio (o sulla filosofia del diritto in Italia, o sulla pubblicistica intellettuale intorno alla recente storia politica, sociale o culturale), l'interesse, se c'è, deve risiedere altrove.
La mia ipotesi è che tale interesse ci sia, e che si sviluppi in due direzioni. La prima è la più naturale. Bobbio è stato per molti decenni un osservatore meticoloso dei mutamenti della cultura italiana (e non solo), spesso è intervenuto in prima persona nei dibattiti più significativi: è ragionevole supporre che scorrere anche solo i titoli della sua voluminosa produzione significhi passare in rassegna in modo accelerato sessant'anni della vita culturale del nostro paese (non in tutti i campi, ma in molti sicuramente).
Nel corso degli anni trenta la produzione di Bobbio è stata esclusivamente di tipo specialistico: riguarda per lo più la filosofia del diritto con qualche incursione nella filosofia più in generale. Come lo stesso Bobbio ricorda nella "Autobiografia intellettuale" posta all'inizio del volume, ciò si spiega almeno in parte con la situazione politica dell'epoca: in una dittatura non è facile trovare spazi di libertà al di fuori del lavoro strettamente accademico. È interessante comunque notare come gli argomenti dei saggi di questo periodo e i libri scelti per le recensioni testimonino la volontà di uscire dal ristretto circolo della cultura italiana, di tenersi aggiornati sulle novità che si andavano elaborando nel resto d'Europa: profonda attenzione e interesse si possono osservare per la fenomenologia, il neokantismo, il neopositivismo. Inoltre, già in questo periodo Bobbio si era accorto del diffondersi di un'altra corrente filosofica: l'esistenzialismo.
Anche negli anni della guerra proseguono gli studi e i lavori teorici di filosofia del diritto, accompagnati anche da un interesse storico: si pensi alle ricerche sul giusnaturalismo. Si approfondisce l'interesse (seppure critico) per l'esistenzialismo. Ma la vera novità di questi anni è la collaborazione a periodici del Partito d'Azione e del movimento di Giustizia e Libertà, che costituisce per Bobbio la prima occasione per dedicarsi a temi politici e civili. Questo tipo di pubblicazioni continua anche negli anni immediatamente successivi alla guerra, con scritti sul federalismo, sulla Costituzione, sui partiti politici. Agli studi di filosofia del diritto, sul giusnaturalismo e sull'esistenzialismo si aggiunge il forte interesse per Cattaneo e Hobbes, che non sarebbe mai venuto meno. Inizia in questo periodo anche una certa attenzione per le dottrine marxiste, resa peraltro inevitabile dagli sviluppi politici della situazione italiana.
Nella prima metà degli anni cinquanta Bobbio si fa promotore di un dibattito tra la cultura liberale e quella comunista. Immedesimandosi in un liberalismo temperato dal socialismo, Bobbio pone il problema del rispetto dei diritti umani e rivendica l'importanza delle libertà individuali conquistate dalla società borghese, senza però contrapporsi frontalmente ai comunisti, ma anzi cercando con loro un dialogo che culminerà con un intervento dello stesso Togliatti. Questi contributi vengono poi raccolti in un volume, "Politica e cultura", nel 1955. Nello stesso periodo Bobbio inizia a prendere parte agli incontri del Centro di studi metodologici di Torino, dove approfondisce i suoi interessi per il neopositivismo e li fa interagire con la filosofia del diritto; il positivismo giuridico di Hans Kelsen si rivela per la successiva riflessione di Bobbio un punto di riferimento insostituibile. Nella prima parte degli anni sessanta gli studi di filosofia del diritto proseguono lungo questa linea, con interessanti ricerche sulla logica dei sistemi giuridici. In tutto questo periodo sono molto frequenti gli interventi di Bobbio in occasione di celebrazioni resistenziali, così come numerosi sono i ricordi e le testimonianze sui "maestri dell'Italia civile", come si potrebbe dire mescolando i titoli "Italia civile" (1964) e "Maestri e compagni" (1984): personaggi come Piero Gobetti, Augusto Monti, Piero Calamandrei, Franco Antonicelli, Francesco Ruffini, Gioele Solari.
La contestazione del 1968 interviene a interrompere la tranquillità di questo percorso. Scosso dalle critiche studentesche, che pure non condivide nella loro sostanza, Bobbio si pone delle domande radicali sulla bontà dei risultati raggiunti dalla società e dalla politica italiane. Queste riflessioni favoriscono uno spostamento di interessi dalla filosofia del diritto alla filosofia della politica, confermato e rafforzato dal passaggio alla cattedra di filosofia della politica nel 1972. Risale al 1969 la pubblicazione della prima edizione del "Profilo ideologico del Novecento" all'interno della "Storia della letteratura italiana" diretta da Emilio Cecchi e Natalino Sapegno, dove viene messa in risalto la debolezza della tradizione democratica nella cultura italiana (ma al tempo stesso tale tradizione viene esaltata sopra le altre). Negli anni successivi Bobbio è tornato più volte a lavorare su questa sua opera, approntandone versioni corrette e ampliate. Nei primi anni settanta le inquietudini prodotte dalla contestazione inducono a una riflessione più elaborata, i cui interlocutori sono ancora una volta i comunisti (che evidentemente il loro ruolo dominante nella cultura italiana se lo sono conquistati sul campo). Gli interventi di Bobbio sulla posizione dei comunisti nei confronti della democrazia e sulla (inesistente) teoria marxista dello Stato sono poi raccolti nel volume "Quale socialismo?" del 1976. Nello stesso anno inizia la collaborazione di Bobbio al quotidiano "La Stampa", che gli permette di dedicarsi approfonditamente ai problemi dell'attualità. Tra gli altri, in tempi recenti sono stati al centro dell'attenzione di Bobbio la questione del rapporto tra intellettuali e potenti, il concetto di guerra giusta, i problemi della pace e le loro connessioni con gli ideali democratici, i fondamenti della distinzione tra destra e sinistra.
Come si può vedere, i temi posti all'incrocio tra filosofia, diritto, politica e storia delle ideologie sono stati frequentati da Bobbio con eccezionale ampiezza di orizzonti. Ma, come si è già accennato, la "Bibliografia" appena pubblicata permette anche un'altra chiave di lettura, forse più interessante, che si rivolge non ai contenuti degli scritti, ma alla loro forma. L'opera di Bobbio si rivela un campionario pressoché completo delle forme di scritture o dei "generi letterari" a cui uno studioso e un intellettuale si può dedicare. Monografie, dispense universitarie, saggi (sparsi su riviste e raccolti in volume), articoli per riviste più o meno specialistiche e per giornali, note, lettere, recensioni, prefazioni, discorsi pubblici pronunciati nelle sedi e nelle occasioni più varie, relazioni a convegni, contributi alle opere più svariate, voci di enciclopedia, memorie presentate a disparate accademie, interviste, scritti d'occasione di vario genere, commemorazioni, testimonianze, necrologi, dichiarazioni, resoconti di conversazioni... Quasi nulla manca all'elenco.
Particolarmente interessante è l'esame della distribuzione temporale dei vari scritti. Una prima osservazione riguarda la quantità totale di pubblicazioni nei vari periodi. Come lo stesso Bobbio rileva, essa è andata aumentando quasi ininterrottamente nel corso degli anni, con un'impennata significativa a metà degli anni settanta, in concomitanza con l'inizio della collaborazione a "La Stampa" e con la più decisa volontà di intervenire nei dibattiti sulle questioni di attualità. Questo aumento costante si può spiegare in parte con l'accresciuta mole di pubblicazioni che caratterizza i nostri tempi rispetto a quelli passati; inoltre è ragionevole che nella carriera di uno studioso le occasioni per scrivere ed essere pubblicati (e le richieste di contributi o interventi) si moltiplichino con il passare degli anni e la diffusione della fama. Infine si deve tenere presente l'effetto cumulativo delle numerose riedizioni, ristampe, traduzioni.
Più significativo ancora è probabilmente il variare del rapporto numerico tra i diversi tipi di scritti, Come quasi sempre capita, i primi lavori sono costituiti quasi esclusivamente da saggi specialistici e da recensioni. I saggi aumentano gradualmente nel corso degli anni, e assumono spesso dimensioni crescenti, fino a diventare veri e propri libri. A questi si aggiungono, con l'inizio dell'insegnamento universitario, le dispense approntate per gli studenti, che spesso però assurgono a un interesse più generale. Mentre i saggi aumentano gradualmente (ma negli ultimi decenni sono frequenti le ristampe), le recensioni diminuiscono costantemente: numerose fino agli anni cinquanta, diminuiscono a partire dagli anni sessanta, per scomparire quasi completamente negli ultimi quindici anni. Un percorso inverso viene compiuto dalle prefazioni, che diventano più copiose con il diffondersi della fama di Bobbio.
È poi interessante osservare la distribuzione temporale delle interviste, del tutto assenti fino agli anni settanta (tranne una sporadica apparizione del 1955), soggette a un'improvvisa esplosione nella seconda metà del decennio, e in seguito sempre numerose. Da una parte, ciò è sicuramente dovuto, come già per le prefazioni, alla maggiore fama di Bobbio negli ultimi decenni, ma forse la spiegazione si deve cercare anche nella diffusione sempre più ampia dell'intervista come genere giornalistico, un tempo assai meno utilizzata. A partire dalla fine della guerra, molto frequenti sono gli interventi di Bobbio in occasione di celebrazioni o cerimonie ufficiali, spesso di tipo resistenziale; questo genere di scritti, che in numerosi casi assumono un carattere di ricordi personali, si fa ancora più abbondante negli ultimi dieci anni, quando la figura pubblica di Bobbio ha ormai assunto una rilevanza indiscussa.
A questi scritti di occasione si devono aggiungere, dalla metà degli anni settanta, gli articoli di Bobbio sulla "Stampa", anch'essi per lo più legati alle contingenze del momento (come è ovvio per articoli giornalistici). Anche i saggi degli ultimi tempi, d'altra parte, hanno spesso abbandonato il carattere specialistico e accademico di quelli del periodo dell'insegnamento universitario, spostandosi gradualmente dal filone scientifico a quello pubblicistico, ampliando gli orizzonti di interessi e sopperendo al minore contenuto innovativo nelle discipline specifiche con una maggiore "saggezza", come spesso capita con le grandi figure di intellettuali.
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