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Biografia. Un gioco scenico - Max Frisch - copertina
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Descrizione


Le esperienze che viviamo sono realmente inevitabili? "Cosa succederebbe se..." si chiede il protagonista Kürmann e si figura le vicende della sua vita come un giocatore di scacchi calcola le mosse delle pedine: se almeno una volta avesse avuto la possibilità di non aver pensato e realizzato questa o quella mossa, avrebbe cambiato tutto il seguito della partita. E a Kürmann viene appunto offerta tale possibilità. Frisch gli affianca un personaggio complementare, un registratore, che assiste il protagonista oggettivandolo e gli consente di realizzare effettive varianti alla sua esistenza. Ci troviamo così di fronte non alla mera biografia di un uomo, bensì alla sua risposta al fatto che con il tempo si acquista inevitabilmente una biografia.
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Informazioni dal venditore

Venditore:

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Dettagli

2005
Tascabile
150 p., Brossura
9788807818356

Voce della critica

"Ci sono attimi in cui il teatro mi sconvolge come nessun'altra cosa", ha scritto una volta Max Frisch. "Avviene durante le prove. O più esattamente: soprattutto durante le prove. Là, almeno per attimi, accade qualcosa, qualcosa di incalcolabile. Diciamo: happening. Ha origine qualcosa, realtà dal di dentro, il gioco trionfa su tutta la realtà esterna che ci assilla con la sua non-perspicuità. Ma sono attimi, poi tutto viene di nuovo sepolto dal teatro".
Come molti drammaturghi del Novecento, Max Frisch sente un disagio profondo verso un teatro convenzionale che mira "alla realtà attraverso l'imitazione della realtà" e non riesce a essere evento. Al teatro d'imitazione, come lo chiamava, tenta di sottrarsi ricorrendo all'astrazione della parabola; e sortendo grandi successi di pubblico e di critica con drammi come Omobono e gli incendiari (1953) e Andorra (1962). Ma sarà preso da insoddisfazione per questa forma, che, lamenterà, "tende al quod erat demonstrandum, implica un insegnamento - anche se per me non ne va dell'insegnamento (...) e dà l'illusione di una spiegabilità, o quantomeno di una necessità" del reale. A metà degli anni sessanta sviluppa allora una nuova idea di drammaturgia: una "drammaturgia della permutazione", che trova la sua unica realizzazione in Biografia. Un gioco scenico . Si tratta di un esperimento che Frisch stesso dichiarerà fallito e che deve il fascino e la sua potenza conoscitiva proprio alle sue contraddizioni.
Il testo viene rappresentato per la prima volta a Zurigo nel 1968: è una "vittoria della scena sull'autore", annota Frisch nel suo diario; lui, l'autore "contesta la fatalità, la scena la conferma". Conferma la credenza in un destino. Gli spettatori "applaudivano a una semplicistica conclusione: all'idea che in fondo non possiamo cambiare la nostra biografia". La risposta del pubblico afferma proprio ciò che l'autore voleva combattere: ossia una "drammaturgia della causalità", che presenta la realtà deprivata dalla dimensione della possibilità. Ha scritto una volta Frisch: "Accade qualcosa, e qualcosa che sarebbe altrettanto possibile non avviene, ma questo non significa che con gli stessi personaggi non avrebbe potuto aver luogo anche una partita diversa da quella che è diventata storia o biografia". È questo che Frisch intendeva rappresentare con Biografia : "Qualcosa che è possibile solo sulla scena: in che modo una vita si sarebbe potuta svolgere diversamente".
Al protagonista, il signor Kürmann, viene data infatti la possibilità di "cambiare, ricominciare, provare, provare un'altra biografia". Ma questo "gioco scenico" è sottilmente crudele, perché il giocatore può "scegliere" altre mosse, ma non il suo modo di giocare. Non il suo modo di pensare e di fare esperienza, i suoi desideri e le sue paure. Può cambiare tutto, tranne che se stesso, la sua personalità. Perciò alla fine non può che mostrarsi incapace di prendere decisioni diverse da quelle che ha preso e quindi di cambiare la sua biografia. La costrizione vince sulla casualità: è una lettura a cui non ci si può sottrarre, che, se non dettata, è almeno fortemente suggerita dal testo. Per Frisch è un fallimento dovuto al "potere del teatro". Il teatro gli si rivela medium molto meno adatto del racconto a trasmettere il senso del possibile altrimenti, perché ciò che viene presentato come pura possibilità viene percepito come realmente accaduto. Troppo forte è l'abitudine a immedesimarsi, il bisogno di immedesimarsi che determina l'esperienza dello spettatore.
C'è da chiedersi, però, se questo tipo di ricezione non dipenda, piuttosto che dal teatro in quanto tale, dai modi della messinscena e soprattutto - nel caso specifico di questa commedia, strana e affascinante - da una drammaturgia centrata sul personaggio: su un personaggio, per di più, prigioniero di una personalità immutabile, quindi sottratta al gioco delle permutazioni. È una "regola del gioco" dettata da una convinzione che costituisce uno degli assiomi della poetica di questo autore, per il quale "il tempo non ci trasforma, ma ci dispiega". Non c'è mai vera trasformazione, ma soltanto dispiegamento dell'io. Kürmann può variare soltanto i suoi comportamenti, ma non il "modello di esperienza" che ogni suo comportamento, reale o immaginato, non fa che dimostrare più chiaramente. Frisch non si stanca di ripetere che la "realtà" di una persona non si esaurisce nella sua biografia, ma è costituita dalla somma delle sue possibilità. Ma tutte le possibilità realizzate o immaginate da una persona non fanno che rivelare più chiaramente un "modello di esperienza" che costituisce una "realtà" sottratta a ogni possibilità di trasformazione. Ogni possibile, in fin dei conti, è una colonia del necessario. "Sta già scritto", come diceva Jacques al suo padrone. E noi possiamo soltanto leggere il testo che determina la nostra vita.

Francesco Fiorentino

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Conosci l'autore

Max Frisch

1911, Zurigo

Max Frisch è stato uno scrittore svizzero di lingua tedesca. È noto soprattutto per le opere teatrali, che rivelano l’influsso di Brecht e di Thornton Wilder: E cantano ancora (Nun singen sie wieder, 1945), sul problema delle responsabilità dei crimini di guerra; La muraglia cinese (Die chinesische Mauer, 1946), una denuncia del sempre latente pericolo della dittatura; Don Giovanni o l’amore per la geometria (Don Juan oder die Liebe zur Geometrie, 1953), una delle sue opere più argute e raffinate; Omobono e gli incendiari (Herr Biedermann und die Brandstifter, 1953), «dramma didattico senza insegnamento» che smaschera la doppia morale del borghese; Andorra (1962), satira del pavido conformismo che rende possibile il trionfo del razzismo;...

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