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La storia, per i siciliani, si presenta subito, al suo primo apparire, con la smorfia violenta e assurda della farsa.
Si capisce, leggendo Camilleri, che il suo piacere letterario maggiore, raccontando vicende della provincia siciliana (fatti veri su cui trama e ordisce la finzione, e quindi in sé semplici se non fossero intricate dall'essere appunto siciliane), è quello di riportare il dialogo vivo. È un piacere che si comunica immediatamente al lettore, per la particolare forza comica dell'arte di Camilleri; ma assieme al piacere, poiché il linguaggio è la casa dell'essere, e con la stessa forza e immediatezza, si comunica una specie di nucleo di verità dell'essere siciliano. L'iperbole e il paradosso della battuta, cui corrispondono l'amara coscienza dell'assurdo in cui siamo e il dolore sordo per l'immutabilità di questa condizione. Camilleri inventa poco delle vicende che trasforma sulla pagina in vorticosi caroselli di persone e fatti - qui il fatto vero, conosciuto dalla celebre Inchiesta sulle condizioni della Sicilia del 1875-76, è il susseguirsi di intrighi, delitti e tumulti seguiti alla incomprensibile determinazione del prefetto di Caltanissetta, il toscano Bortuzzi, di inaugurare il teatro di Caltanissetta con una sconosciuta opera lirica, Il birraio di Preston. E anche in questo attenersi al fondo di verità storica c'è probabilmente un senso preciso: in Sicilia non serve attendere che la storia si ripeta per avere la farsa. La storia, per i siciliani, si presenta subito, al suo primo apparire, con la smorfia violenta e assurda della farsa.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Trama non coinvolgente. Eccesso di dialetto. Finito con fatica.
Partendo da un fatto di cronaca della Sicilia post riunificazione, Camilleri confeziona questo romanzo come sempre ricco della sua nota ironia. La vita di un paese siciliano viene sconsquassata da una rappresentazione teatrale che metaforicamente rappresenta le imposizioni del nuovo stato unitario. Un vortice di diversi dialetti e diverse abitudini nel comunicare rende l'idea della diversità della Sicilia dal resto dell'Italia. Veramente originale la non consequenzialità dei capitoli, il cui inizio è sempre un rimando ad altre opere letterarie sicuramente care all'autore.
Camilleri non delude mai, specialmente nei suoi romanzi storici o di costume dove riesce a mettere in mostra tutta la sua fine ironia e la feroce critica finale a come la storia o le storie vengano poi riscritte a posteriori travisando completamente la realtà.
Recensioni
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scheda di Roat, F., L'Indice 1996, n. 1
Seguendo l'ormai palese intento programmatico di voler ancorare il proprio realismo onirico alle fondamenta dei dati storici, anche l'ultima cronaca romanzesca ordita da Camilleri - alla pari del racconto "La stagione della caccia" e del saggio "La bolla di componenda" - trae spunto dalla nota inchiesta parlamentare sulle condizioni sociali ed economiche della Sicilia, condotta negli anni 1875-76. L'occasione narrativa si basa quindi su un fatto realmente accaduto, ossia la serie di incidenti e tumulti conseguente alla decisione da parte del prefetto di Caltanissetta dell'epoca (d'origine toscana) d'inaugurare il nuovo teatro con l'opera lirica "Il birraio di Preston*, scialbo melodramma inviso ai siciliani forse ancor più di quel rappresentante governativo "forestiero". Ma, prese le mosse da quei clamori ottocenteschi peraltro davvero teatrali, nel prosieguo il romanzo decolla dalle sue basi storiche per impennarsi nei più liberi spazi dell'invenzione narrativa, assumendo quasi i registri della commedia in prosa (godibilissimi i dialoghi all'insegna dei neologismi più audaci, giocati sul recupero di una vernacolarità espressionistica, gradevolissima la comicità di motti, lazzi, voci di popolo che fan da bordone al recitativo dei protagonisti), anzi del libretto d'opera buffa, venata tuttavia di tragedia, poiché ai brani più ilari - intorno a corna e amori galeotti - si alternano capitoli drammatici sull'intreccio tra politici e mafiosi, e pagine inquietanti su terroristi, attentati, lettere delatorie e omertà. In quest'ottica, "Il birraio" si può leggere quale impietosa farsa amara, con cui Camilleri castigat ridendo mores, stigmatizzando i modi d'essere esecrabili d'una Sicilia non certo solo di ieri.
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