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Franz Krauspenhaar (Milano 1960) è romanziere, poeta e critico letterario: "irrequieto, insofferente occupante del purgatorio", secondo la postfatrice del volume, Susanna Schimperna. Il prefatore Federico Federici scrive invece, a proposito di queste composizioni, di "parole straripanti...impietosa autopsia...playlist impazzita...scherzo continuo col dolore di vivere...flusso di coscienza in un tubo catodico...cortocircuito-esasperazione-invettiva-sberleffo", introducendo subito il lettore nel magma vorticoso e incontrollato dei versi. Che si inseguono eccitati e impazienti, aggressivi e volgari, esasperati di indignazione vanagloriosa nei riguardi della civiltà dei consumi, dell'intellettualità, e dell' umanità quasi tutta: "la mia speranza è quella di armarmi di un mitra/ del mengele e sparare alla cieca come pacino/ in quel capolavoro del cazzo", "io del genere/ umano ho l'opinione che ha/ un pneumatico di una buccia/ di banana", "il mondo è pieno/ di bastardi", "le librerie bordelli per escort sfatte, macilente", "se ci sono ceffi ineleganti/ e carogne al triplo burro rancido/ essi sono i poeti". Una sorta di devozione alla fisicità, nella poesia di Krauspenhaar, si esprime poi nella ribadita nominazione del culo, sia in termini spregiativi, sia in una sorta di ilare coprolalia infantile; o nell'esibito disprezzo rabbioso verso alcune zone anatomiche femminili. Un duello viscerale, il suo, col mondo intero: "su un quaderno segno chi/ è dentro e chi è fuori, che/ comunque anche chi è dentro/ è fuori", "giro per la mia vita passata/ col machete selettivo", che nemmeno le rare tregue di dolcezza poetica riescono a ingentilire: "amo novembre, i fiori recisi e le sue paure,/ le nebbie colte come nuovi fiori, i morti/ che escono dalle fosse", quasi il suo compiaciuto autoritratto di maudit ne risentisse come di uno sfregio: "sono solo da tanto di quel tempo/ che le onde del mare schivano/ il mio fiato", "sono/ un killer che spara col cervello". Che paura!
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