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Anno edizione: 2010
Anno edizione: 2024
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Le Lamentationes Jeremiae Prophetae iniziano con Alef, Beth, Ghimel e proseguono per tutte le 22 lettere dell’alfabeto ebraico. Qui invece le lamentele non sono così numerose e variegate e non hanno la stessa sacralità di quelle di Geremia, ma sono redatte in linguaggio fluente, ironico e spesso divertente. Il protagonista non è un “siderologo” (astronomo, Sidereus Nuncius di Galileo) ma un “sederologo”, cioè uno che legge il carattere delle passanti solo osservando come dimenano il sedere (Freud dove sei?). I vari personaggi si trovano di solito al bar Jip a bere birre Pelforth e a discutere sulle grame condizioni di vita di rifugiati dal profondo dell’Africa, tutti negri, come Roger il Francoivoriano, Yves l'Ivoriano, Paul del Grande Congo (Belga) e l’io narrante del Congo ex-francese. Le discussioni, quasi ossessive, vertono sui soprusi compiuti dai colonizzatori nei confronti delle nazioni africane, la spoliazione delle risorse di questi paesi, lo stato di quasi servitù degli autoctoni. Come riparare a questi torti? Il coro è quasi unanime: i negri immigrati (e/o sans papier) non dovrebbero mai sposarsi con loro connazionali, ma puntare sulla popolazione francese, in modo da diluire la razza pura e mettere al mondo bambini “caffelatte”. Per questo l’io narrante è biasimato dagli amici al bar, per aver sposato una ragazza talmente “nera” da meritarsi l’appellativo di “Colore d’origine”. Che diverrà il suo cruccio, poiché l’abbandona con il loro figlioletto per andare a vivere con un musicista. Pubblicato nel 2009, le recriminazioni qui descritte hanno la stessa valenza dieci anni dopo (luglio 2019, alla stesura di questa recensione) in cui vediamo un’Europa che erige barricate contro i migranti, proprio come Trump in USA. Intendiamoci, non è paragonabile ai racconti di Daniel Pennac, dove B. Malaussène vive le sue avventure nel degradato quartiere di Belleville, popolato da magrebini, ma è comunque un affresco socio-culturale su cui vale la pena di meditare.
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