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Il buon uso del mondo. Agire nell'età del rischio
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Il buon uso del mondo. Agire nell'età del rischio - Salvatore Natoli - copertina
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buon uso del mondo. Agire nell'età del rischio

Descrizione


Per l'uomo di oggi, che non spera più nella salvezza alla fine dei tempi ma ha davanti a sé un tempo senza fine, navigare in mare aperto sembra ormai diventato l'unico modo di vivere. Ma quale rotta seguire, dopo il tramonto di ogni certezza e il declino della tradizione giudaico-cristiana in Occidente, due segni distintivi della nostra epoca? Al termine di un lungo e originale itinerario di riflessione sulla modernità, Salvatore Natoli analizza le varie forme del fare (il lavoro, innanzitutto, ma anche il consumo, il progresso, il rischio) e il loro rapporto con quello che dovrebbe essere il vero obiettivo di ogni essere umano: un buon uso del mondo. Partendo dalla distinzione aristotelica tra "agire" (dare un senso alle proprie azioni) e "fare" (eseguire un compito), l'autore si chiede quanto, nella nostra frenetica attività quotidiana, siamo "agenti", soggetti capaci di realizzarsi in ciò che fanno, e quanto invece siamo "agiti", elementi impersonali di una serie causale e anonima di cui non si vede né l'inizio né la fine. Per essere titolari della propria vita, e quindi davvero liberi, non basta infatti conformarsi a ciò che l'organizzazione sociale richiede, ma occorre istituire un rapporto autentico con il proprio desiderio, con la propria corporeità e con gli altri. Così, nella società delle abilità, della tecnica e del saper fare, si ripropone in tutta la sua urgenza la questione delle virtù, intese come "abilità a esistere", in grado di darci stabilità e consistenza.
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Dettagli

2015
Tascabile
7 aprile 2015
273 p., Brossura
9788804649830

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luciano
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In questo saggio l'autore riflette, e fa riflettere, su molte questioni, quali: "Il denaro, la produzione e il consumo", "Progresso e rischio", "Libertà e soggettività", "Democrazia e virtù civili"...Sullo sviluppo tecnologico scrive che la tecnica illude l'uomo di potere divenire onnipotente, "ma, come ha come ha ben compreso Heidegger, il pericolo non è la tecnica, bensì l'oblio della finitezza a cui essa conduce", infatti benché l'uomo "cresca in potenza, non sarà mai emancipato dalla propria finitezza". Nel capitolo "Areté. Il ritorno della virtù", scrive: "La virtù è realizzazione di sé e bene per gli altri", e cita Spinoza. " Se gli uomini sono guidati dalla ragione, ' non appetiscono nulla per sé che non desiderano per gli altri uomini e per ciò sono giusti, fedeli e onesti' ". Alla domanda cos'è la felicità?", risponde: "La risposta è antica: 'Divenire quel che si è. Evidentemente dobbiamo sapere chi siamo. E non dimenticarcene' ". Questo è un piccolo antipasto di un ottimo libro.

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Salvatore Natoli

1942, Patti

Si è laureato in filosofia presso l'Università Cattolica di Milano. Ha insegnato logica alla facoltà di lettere e filosofia dell’Università Ca' Foscari di Venezia, filosofia della politica alla facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Milano, filosofia teoretica all'Università di Milano-Bicocca e Storia delle idee all'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano.Tra le sue pubblicazioni: La felicità: saggio di teoria degli affetti (Feltrinelli 1995); Dizionario dei vizi e delle virtù (Feltrinelli 1997); La salvezza senza fede (Feltrinelli 2007); Nietzsche e il teatro della filosofia (Feltrinelli 2011);L'educazione alla felicità (Aliberti 2012); Perseveranza (il Mulino 2014); Il linguaggio...

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