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C'era la guerra in Cecenia
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C'era la guerra in Cecenia - Adriano Sofri - copertina
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C'era la guerra in Cecenia

Descrizione

«Questo diario di una straordinaria vicenda di guerra, di distruzione e di liberazione, non è stato pubblicato per più di venticinque anni, per una ragione: la paura di mettere in pericolo qualcuna o qualcuno dei personaggi coinvolti di quella tormentata parte di mondo. Viene pubblicato a distanza di più di venticinque anni per una ragione: c’è la guerra in Ucraina».


Nel 1996, per «L’Espresso» e il programma televisivo «Mixer», andai avventurosamente nel Caucaso, in Cecenia. C’era una guerra spietata e insieme inverosimile: la Federazione russa contro un paese grande, cioè piccolo, come una media regione italiana, con una popolazione di poco superiore al milione. La cosa più inverosimile è che la Cecenia vinse quella guerra. Poco dopo bisognò chiamarla Prima guerra cecena, perché intanto era scoppiata la Seconda, e Eltsin aveva ceduto il posto a Putin, il quale proclamò che avrebbe stanato i ceceni fin dentro i cessi. Nel mio soggiorno feci una stretta conoscenza con persone civili, coi combattenti e i loro capi, e viaggiai per lungo e per largo, dalla capitale Grozny ai villaggi di montagna. Passò qualche mese, si era raggiunta una tregua delle armi, e un’auto che portava tre volontari italiani, due medici e un organizzatore, impegnati con l’associazione Intersos, fu fermata da banditi armati al confine fra Inguscezia e Cecenia, e i tre furono rapiti. Il sequestro si protraeva e i servizi russi e italiani mostrarono di non avere alcuna capacità di misurarsi con quella situazione. I famigliari dei sequestrati mi chiesero di usare del mio legame recente con la Cecenia, era più o meno una pazzia, partii. Per mio conto: confidando nella piena ostilità delle autorità competenti. Il secondo viaggio fu ancora più romanzesco e rocambolesco, e drammatico: il miraggio di valere a salvare delle vite è seducente, la probabilità di fallire e addirittura di nuocere è un incubo. Finì bene. Ci aiutarono in tantissimi. Fra loro i più autorevoli comandanti, che ora erano diventati massime autorità di uno Stato riconosciuto, il ragionevole Aslan Maschadov, il leggendario Shamil Basaev, perfino il famigerato intruso Ibn al-Khattab, e di lì a poco avrebbero tenuto i primi posti nelle classifiche del terrorismo mondiale. Questo diario di una straordinaria vicenda di guerra, di distruzione e di liberazione, non è stato pubblicato per più di venticinque anni, per una ragione: la paura di mettere in pericolo qualcuna o qualcuno dei personaggi coinvolti di quella tormentata parte di mondo. Viene pubblicato a distanza di più di venticinque anni per una ragione: c’è la guerra in Ucraina.
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Dettagli

2023
24 ottobre 2023
224 p., Brossura
9788838945946

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Alessius23
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Interessante

Una testimonianza sulla guerra di Cecenia che merita di essere letta. L’unico appunto negativo che mi sento di fare è che l’autore, dopo aver tirato fuori dal cassetto questo diario, forse avrebbe potuto elaborare certi passaggi troppo telegrafici e aggiungere qualche nota ogni tanto, soprattutto per quelli come me, che non ricordano tutti i particolari dopo tutti gli anni di passati da quella guerra.

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Poi dicono che uno...
Recensioni: 5/5
Sto, per così dire, spiritualmente seduto sui calcagni”

“Sto, per così dire, spiritualmente seduto sui calcagni.” In geografia sono sempre stato una schiappa e il mio tentativo di capire dove sia esattamente la Cecenia è miseramente fallito. Adriano Sofri c’è stato due volte nel 1996, una prima volta per un servizio giornalistico e subito dopo per tentare di salvare tre italiani di una ONG rapiti. È un paese piccolissimo, con poco più di un milione di abitanti. Uno stato martoriato dalla Storia e soprattutto dalla Russia. “Dio ha fatto i ceceni per stare come un moscerino nell’occhio dei russi.” Sofri ne racconta le sofferenze, ma soprattutto racconta di un popolo ospitale, di grande umanità, generoso, affascinante, con donne bellissime. Si racconta il tragico, ma certi personaggi, come il mitico Salaudi, sembrano uscire direttamente dalle pagine di Emilio Salgari, tanto somiglia a Sandokan. Sarà l’autore della liberazione dei rapiti. “Salaudi, bonario e discreto, si è tenuto in disparte, dico loro che è quello che li ha tirati fuori.” Adriano Sofri condividerà il riposo con: “il mio vicino di sonno russava in modo patagonico.” Shamil “Vuole anche lui convincermi che due mogli è la misura giusta, perché una sola è fastidiosa, due si zittiscono a vicenda”. Infine, alter ego di Sofri, un altro Adriano: Celentano. Spesso Celentano, il più famoso tra gli italiani nel mondo, viene ricordato. Questa volta Sofri tenterà (inutilmente?) di convincere i delusi ceceni che Ornella Muti non è la moglie di Celentano. Non so se i due Adriano si siano mai incontrati, in ogni caso lancio un appello perché finalmente possano conoscersi, sicuramente avrebbero moltissimo da raccontarsi dei loro due mondi così diversi, ma paralleli.

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Adriano Sofri

1942, Trieste

Giornalista e scrittore, fu negli anni Settanta leader del movimento politico Lotta Continua. Dopo il 1976 sostenne il Partito Comunista Italiano e successivamente presentò alle elezioni proprie liste con altri formazioni di sinistra. Fu iscritto al Partito Radicale, ma abbandonò l'attività politica militante per dedicarsi al giornalismo e alla scrittura. Venne, dopo alterne sentenze, condannato come mandante dell'omicidio del commissario di polizia Luigi Calabresi, ritenuto responsabile della morte di Luigi Pinelli, l'anarchico morto il 15 dicembre 1969 negli uffici della polizia di Milano, tre giorni dopo la strage di Piazza Fontana. Proprio l'essersi sempre dichiarato innocente (così come gli altri coimputati) ha impedito l'andata in prescrizione degli...

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