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Il libro consta di un prologo, che racconta le varie fasi dell’ideazione e della lavorazione del film, e di una corposa sezione che illustra e commenta in maniera minuziosa lo sviluppo narrativo, supportandone iconograficamente i momenti clou con immagini e fotogrammi significativi: a queste due parti centrali si affiancano una presentazione autobiografica dell’autrice, e in conclusione una bibliografia e una serie di valutazioni di noti recensori. Ilaria Feole è attenta interprete dello spirito e della mentalità dell’epoca, e abile nell’approfondire la psicologia dei personaggi principali: Noodles (Robert De Niro) e Max (James Woods), lagati da un’amicizia morbosamente competitiva. In particolare l’autrice esplora la psicologia di Noodles, che a differenza di Max – criminale asettico e ambizioso, smanioso di entrare nel mondo corrotto dell’alta finanza e della politica –, rimane sentimentalmente legato alla malavita di strada, rassegnato a tradire e a essere tradito, bloccato nell’illusione di far rivivere il passato. “Noodles non è altro che un voyeur incapace di passare all’azione, un eterno spettatore, che trascorre la sua vita a guardare, a spiare, ad assistere alle altrui messe in scena: Leone sottolinea il concetto a livello tematico ed estetico”. De Niro è infatti inquadrato spessissimo all’interno di cornici, gabbie, vetrine, oblò, finestre, porte, feritoie; sempre sulla soglia di qualcosa, di un atto risolutore e liberatorio, si riconosce perdente nell’amore come nella deliquenza. L’inquadratura finale, di un Noodles avvolto nei fumi dell’oppio, ambiguamente e vacuamente sorridente, sembra alludere al timore di aver sognato l’intera sua vicenda terrena, o alla consapevolezza di essere stato beffato per tutta l’esistenza, o al desiderio di libertà appagato dalla droga. E rimanda alla famosa risposta iniziale data all’amico Moe che gli chiedeva cosa avesse fatto negli ultimi anni, “Sono andato a letto presto”: ammissione di una rinuncia e di una sconfitta.
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